Chi siamo e perché...
“LIBER-ALITER” è la sigla che riunisce
un gruppo eterogeneo di cittadini lastrigiani accomunati dall’intento di farsi
promotori, nel proprio territorio, di proposte culturali che si configurino
come risposta ad una disgregazione sociale ed un depauperamento culturale
sempre più evidenti.
Tali proposte, che possono spaziare dal confronto con
scrittori, poeti, saggisti, a cineforum e dibattiti su argomenti storici e
contemporanei, rispondono all’idea di ricercare e far ritrovare il senso della
collettività e le radici di un’identità comune, elemento unificante di un
popolo. Di più: ora che la fase di uno sfrenato neo-liberismo sembra
travalicare molte frontiere a salvaguardia dei diritti fondamentali dell’uomo,
l’imperativo è quello di riappropriarsi del senso dell’umano, inesauribile
nella sua finitezza e meraviglioso nella sua imperfezione. In coerenza con
questi princìpi ci incontriamo fisicamente, ci parliamo guardandoci negli occhi
e magari, se ci va, ci abbracciamo.
Il simbolo del nostro logo consiste in un libro che si apre
a formare delle ali, e sulle cui pagine dispiegate campeggia la scritta
“Liber-aliter”; l’avverbio latino, che significa “liberamente”, si colloca su
due pagine frontali, diviso quindi in due parole distinte: “liber” e “aliter”,
aventi ciascuna un proprio significato che approfondisce il senso dell’avverbio
stesso: infatti in “liber” si incontrano etimologicamente due significati,
“libro” e “libero”. Vi è poi “aliter” che, oltre a riproporre le ali della
figura, significa “altrimenti”. Da ciò si deduce che la libertà non può
prescindere dai libri – ricordiamoci che le menti migliori si formano sui libri
e producono libri! – in quanto autonomia di pensiero e formazione culturale
sono basilari, sostenendosi a vicenda, e tuttavia valgono ben poco senza quell’aliter,
ovvero quell’altrimenti, che indica la necessità di porre e soprattutto
di porsi costantemente un pensiero alternativo, il pungolo del se,
del ma, dell’oppure. Insomma, se liber come
libertà è il fine, nel liber come libro vi è il mezzo, purché
letto, scandagliato, approfondito con lo spirito critico di quell’altrimenti che
garantisce la pluralità di voci e percorsi, il confronto delle idee, la
possibilità di una scelta logica e accettabile.
Da notare che logico significa scaturito
dal logos: solo dal ragionamento, più aperto possibile nelle sue
alternative e più fermo possibile nel suo metodo, potranno scaturire un
pensiero ed un agire razionali.
Il pensiero alternativo dovrebbe
arricchire ogni àmbito sociale, dalla dimensione individuale a quella
istituzionale, pena, come è ovvio, lo scivolamento dell’assetto democratico
verso forme di ideologia, oscurantismo fideistico, iniquità e… e qui ci fermiamo (per ora).
L’assertività profusa a livello istituzionale, mediatico,
scolastico, oltre ad abbassare significativamente la capacità di intelligere,
aumentando proporzionalmente la resilienza più prona, ha
creato voragini nella società. Unica possibilità di porre argine e contrasto a
una tale impalcatura che tende a presentare questioni e problemi preimpostati
con regole fornite o imposte rigidamente e/o arbitrariamente, è la vocazione al
dubbio, all’argomentazione che in quell’altrimenti incardina la
ricerca, la confutazione dei dati, e impernia l’amore per la logica, il senso
critico, la verità. Fidarsi, affidarsi, sperare non
fanno parte di un vocabolario consapevole.
Molti hanno sentito l’esigenza di capire, risvegliarsi da
un mondo assopito, in una sete di conoscenza che ha coinvolto gli àmbiti più
svariati, in una evoluzione personale senza precedenti; hanno già accolto in
sé, inconsapevolmente, quell’immagine di un libro che dispiega le pagine in un
volo.
Chi coltiva l’amore per quel libro, quelle ali, quell’altrimenti sa che la libertà risiede nel ragionare prima ancora che nel sapere, e sa che anche i migliori progetti e i migliori slogan (salute, sicurezza, ecologia) possono andare a supporto delle più svariate misure. Lo slogan (ad esempio “green”) è un termine vago, tendenzialmente buono, ma insidioso: l’emissione di anidride carbonica può diventare il parametro per premiare e punire, creare un’economia e distruggerne un’altra, creare una società e distruggerne un’altra, impedirci di muoverci, imporci certi cibi, controllando tutto e tutti.
Tuttavia, era già balzato agli occhi che
“Progetto Comune” caratterizza pure una formazione politica, o politicamente
impegnata, che antepone a tale formula la parola “Sinistra”, perciò
distinguibile dal nostro gruppo solo per tale termine.
Ci abbiamo riflettuto: troppo poco per non
confondere due realtà così diverse, in quanto una politicamente orientata e
l’altra assolutamente apartitica.
Noi nasciamo infatti da una “reazione”,
definibile come “avversa” (da coloro che ancora vorrebbero ostracizzare
cittadini liberi) ad una politica “sinistra”, dove purtroppo l’appartenenza ad
una parte dell’emiciclo parlamentare fa da tempo eco all’omonimo aggettivo dal
fosco significato. La politica espressa, dai livelli più alti dello Stato
all’ultimo ganglio, è stata negli ultimi tempi, massimamente negli ultimi tre
anni, così “sinistramente” vicina ad una forma prodromica di totalitarismo che
quanto di meglio possiamo fare è prenderne le distanze e, anzi, cercare di
rappresentare una coscienza critica ed una voce scomoda.
Non abbiamo potere politico, né sarebbe
mai nostro obiettivo averne, per esercitare sul popolo elettore e vero sovrano
nella Carta Costituzionale, una forma di signoraggio come quella vista e subita
sin qui, tanto lontana dalla Carta stessa, quanto vicina ad un bieco esercizio
di vessazione.
Abbiamo perciò rinunciato alla formula che
avevamo spontaneamente ideato e adottato per la nostra attività culturale, per
sotituirla con l’avverbio latino “Liber-aliter”, che già campeggiava come motto
all’interno del nostro logo. “Liber-aliter”, ovvero “liberamente”: liberi.
Liberi di parlare e, quand’anche la mascherina dovesse essere sostituita dalla
mordacchia con cui Giordano Bruno fu condotto a morte, liberi di pensare.
Liberi dal potere, non contiamo su mazzette, né promesse; non abbiamo padroni,
se non la nostra indomita coscienza: di fronte alla quale tutto è riferito,
analizzato, vagliato, e si sostanzia la vera politica che è partecipazione
critica alla “polis”, dimensione comune in cui si incardina la democrazia e al
cui silenziamento consegue ciò che tristemente abbiamo già cominciato a
sperimentare.
Liberi di amarci, in barba a quei
distanziamenti che tanto hanno distrutto psiche e società.
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