ANDRA' TUTTO BENE! (di Fabrizio Bencini)
Il crollo dei consumi energetici ha
provocato quello della produzione industriale: a livello europeo, a marzo 2023
si registrava un meno 4,1% rispetto a febbraio, e un meno 1,4% rispetto a marzo
2022. Per l’Italia, ci dice l’ISTAT, a marzo di quest’anno segnavamo un meno
0,6% rispetto a febbraio e un meno 3,2% rispetto a marzo 2022.
Dall’introduzione dell’euro, la produzione industriale in Italia è diminuita
del 16,2%! Per quanto riguarda l’inflazione, l’indice dei prezzi al consumo era
cresciuto ad aprile 2023 del + 8,2% su base annua e del + 7,2% rispetto a marzo
scorso. L’incremento dei prezzi dei beni energetici è passato da un +18,9% a un
+ 26,6%. Secondo l’OCSE, in Italia nell’ultimo trimestre 2022 i salari reali
sono diminuiti del 3,5% e sono fermi ai livelli del 1995. A cosa porta un forte
calo dei consumi ce lo dice la Grecia, dove l’export ha registrato un aumento
del 90% rispetto al 2010; buona notizia? Tutt’altro. Questo record è dovuto al
drastico crollo dei salari, il 25% in meno rispetto al 2008, e del PIL,
diminuito del 20%. Quindi, il forte aumento dell’export greco non è dovuto ad
una maggiore produzione di beni, ma all’estrema riduzione della domanda
interna.
In Italia, l’aumento continuo dei
tassi d’interesse deciso dalla BCE ha portato il costo dei mutui a livelli
insostenibili: chi oggi volesse accendere un mutuo a tasso fisso, lo pagherebbe
il 105% in più rispetto a prima che la Lagarde subentrasse a Draghi, mentre i
mutui a tasso variabile costano il 50% in più. Ma siamo solo all’inizio, nei
prossimi mesi ci saranno ulteriori aumenti. Il calo della domanda di prestiti
da parte delle famiglie è il peggiore dal 2003, mentre per le imprese è il più
forte dalla crisi finanziaria mondiale. Secondo i dati della Confesercenti, dal
2019 sono oltre 52.000 gli esercizi commerciali che hanno chiuso, con quello
che ciò ha comportato sull’indotto e sull’occupazione; per avere un’idea in
termini monetari, queste chiusure equivalgono a una capacità di spesa di 14,7
miliardi di euro, di cui godrà la grande distribuzione. Questo mentre l’Italia
destina annualmente alla spesa militare 33,5 miliardi di dollari, equivalenti a
circa 80 milioni di euro al giorno; tuttavia, per obbedire agli ordini dei
padroni USA, arriveremo presto a 100 milioni al giorno, il 2% del PIL.
Coerentemente con la sua volontà di pace, il Governo Meloni fornirà all’Ucraina
cinque cacciabombardieri da combattimento Tornado, con capacità sia
convenzionale che nucleare.
Secondo il SIPRI, la spesa militare
in Europa ha subìto il più forte aumento su base annua da almeno trent’anni a
questa parte; nel 2022 l’Europa ha speso il 13% in più rispetto al 2021 mentre
i cittadini in tutto il continente si impoveriscono sempre più per l’effetto
boomerang delle sanzioni contro la Russia e l’inflazione. Le cose non vanno
meglio negli USA dove il livello d’indebitamento federale, a fonte di un PIL di
23.346 miliardi di dollari, raggiungerà il prossimo 1 giugno i 31.400 miliardi
di dollari, che è il tetto del debito attualmente previsto dalla legge. La segretaria
del Tesoro Janet Yellen ha scritto ai membri del Congresso perché venga alzato
o sospeso tale tetto, altrimenti il Paese potrebbe già all’inizio di giugno
dichiarare l’insolvenza, con conseguenze disastrose su imprese e famiglie.
Secondo i dati del Tesoro USA, aggiornati a febbraio 2023, il debito sovrano
statunitense detenuto all’estero ammonta a 7.343,6 miliardi di dollari, col
Giappone che ad agosto 2019 possedeva 1120 miliardi seguito dalla Cina con 1100
miliardi. Se gli USA fanno default, una quantità enorme di obbligazioni a
stelle e strisce diverranno carta straccia e precipiteremo in una recessione
globale. Il dollaro non è coperto da una ricchezza reale, ma solo di cartacea e
gli Stati temono per le proprie riserve di dollari all’estero. La quota del
dollaro sulle riserve mondiali era del 73% nel 2001, del 55% nel 2021 e del 47%
nel 2022; sempre più Paesi in tutti i continenti, esclusa l’Europa, usano altre
valute per gli scambi commerciali dando sempre più forza a un processo di
dedollarizzazione che scalzerà inevitabilmente il dominio statunitense. Ecco
allora che al Deep State di Washington e Wall Street l’unica ancora di salvezza
per un Paese che spende oltre mille miliardi di dollari all’anno per gli
armamenti, sono le guerre, come dimostrano i tentativi di aprire continuamente
nuovi fronti di conflitto.
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