CONTROFUOCO su un "NO-VAXALLO"
Nota introduttiva:
Notando
lo sfogo di un "tastierista" da pc che, di fronte alle argomentazioni
incalzanti di un cittadino scontento, ha risposto con una mitragliata "trista
e trita" (cito: "borderline/complottista/no-vax") ampiamente
e variamente usata dalla propaganda in epoca pandemica, un po' mi sono stupita
di un sì bieco e stantio ricorso, e tuttavia ho preso al balzo la provocazione
(che implicitamente tira in ballo anche
me, che col "bersaglio" collaboro), perché, mi rendo conto, repetita
iuvant obliantes ma soprattutto veritatem, purché non si asserisca
ma si dimostri.
Premetto che esprimerò in cifre i numeri
riportati, non essendo questo un contributo letterario, ma un testo più vicino
ad un'impostazione saggistica dei tre articoli tra loro correlati.
Analizzerò dunque ciascuno dei tre termini usati in serrata sequenza, come a costituire un'unica espressione.
a) BORDERLINE
Il
termine "borderline" attiene all'àmbito della psicologia. Come
suggerisce la parola stessa, il comportamento preso in esame si trova sul
limite tra due categorie, psicologiche e comportamentali, distintamente
classificabili. Quando si parla di disturbo borderline di personalità,
il crinale (la "border-line") è dato non tanto dalla linea che separa
la normalità dalla nevrosi, quanto piuttosto la nevrosi dalla psicosi. Quello
che essenzialmente manca, in tale disturbo, è la capacità di una modulazione
coerente alle situazioni della propria emotività, con la trasformazione dei
sentimenti in impulsi assai repentini e altalenanti; manca sostanzialmente la
capacità di autoanalisi e autocontrollo, nonché di adesione alla realtà, che
può apparire ora esageratamente ostile, ora esageratamente esaltante, secondo
una volubilità in cui si mescolano e si sommano tratti afferenti alla
depressione, all'ansia, alla paranoia, in un quadro psicologico compromesso,
dove l'immagine di sé, spesso degradante e instabile, pare risentire di una
patologica elaborazione del distacco (che può richiamarsi alle teorie di
Melanie Klein). Mentre nella nevrosi, semplifico, vi è un disallineamento
emotivo alle situazioni, ma permane l'aderenza alla realtà (per capirsi, il
soggetto capisce di essere depresso o ansioso e che necessita di un aiuto),
nella psicosi si perde la capacità di riconoscere in sé l'inadeguatezza del
vissuto emotivo e motivazionale, attribuendo all'esterno le cause del proprio
comportamento. Si capisce dunque che il disturbo "borderline"
qualifica un soggetto al limite della psicosi, con comportamenti apertamente anti-sociali
e disadattivi.
Ora,
sui termini "anti-sociale" e "disadattivo"
occorre una chiarificazione, che sembrerà ovvia e chiara a chi mastichi con
sufficiente preparazione le minime cognizioni psicologiche, ma suonerà come un
campanello di richiamo per chi voglia sorvolare quanto detto sin qui, per
servirsi tendenziosamente di questi due termini, al fine di
stigmatizzare persone e comportamenti che invece manifestino piena coscienza
di sé e del sociale.
Diceva
Thomas Jefferson che "quando
la legge diventa ingiustizia, la resistenza diventa un dovere".
Una società che dia segno di uno
scivolamento verso situazioni di palese ingiustizia, con leggi e provvedimenti
discriminatori e vessatori, necessita di una resistenza. Tuttavia, non è
scontato, da parte del sentire comune, il riconoscimento immediato di tale
piano inclinato, giacché di solito l'erosione dei diritti è, nella sua
progressione, strategicamente lenta e centellinata e, se non desta
disinteresse, viene quantomeno liquidata, ai primi segnali, con un'alzata di
spalle.
La Fabian Society, cui appartengono gli
ideologi della compromissione democratica dei governi, ha infatti nei propri
simboli, la tartaruga che ne esemplifica il lento modus operandi, nonché
il lupo travestito da agnello, che chiarisce la natura ingannevole di quei
provvedimenti che si riveleranno liberticidi solo nella loro sommatoria e
nell'uso distorto cui, in nuce, sono predisposti.
È così che, per esempio in Italia, siamo
arrivati ad un'età pensionabile altissima e sempre più incerta senza che le
piazze si siano infiammate: a differenza di quanto avvenuto in Francia, cui
dovremmo guardare con interesse, poiché lì si gioca una battaglia non solo in
funzione personale ma anche generazionale, con l'esempio fattivo, proprio verso
i giovani, di come una democrazia possa restare in piedi; ovvero
contrapponendosi decisamente a quelle forze antagoniste che lavorano
costantemente alla sua demolizione. (del resto, Macron è uno Young Global
Leader, emanazione diretta del W.E.F.).
Se la deriva di uno Stato sia tale o se
sia solo frutto di un supposto atteggiamento paranoico delle masse – sottolineo
un'ovvietà, ma mi premuro di prevenire eventuali critiche capziose – si evince
facilmente, laddove sia ravvisabile un contrasto chiaro con i basilari diritti
universali, ribaditi ora dalle varie Costituzioni, ora dalla Dichiarazione dei
Diritti dell'Uomo, ora da trattati come quelli di Oviedo o di Norimberga. Da
qui la liceità di una opposizione e di una resistenza, individuale o collettiva,
che sarà tanto più chiara e pronta da parte di chi meglio padroneggia il senso
della giustizia, nonché la portata del presente, comprensibile soltanto
soppesando attentamente la potenza e la natura delle forze, spesso poco
evidenti, che influenzano lo scacchiere.
Nella fase discendente di una democrazia,
verifichiamo:
- Il contrasto delle leggi o dei decreti
emanati con i diritti legalmente e universalmente riconosciuti.
- La comprensione della complessa realtà
ideologica e politica in atto, resa evidente dalla possibilità di prevedere la
progressiva compromissione del sistema.
- Il valore sociale di una opposizione, in
funzione del presente e del futuro.
- Il sorgere di uno stigma sociale verso
chi coglie prima e meglio i cambiamenti in atto, ritenuti innocui o convenienti
dai più, maggiormente impreparati e sviati dalla narrazione del Sistema.
Da ciò si evince che finisce per essere
considerato "border-line" chi dichiara la propria contrarietà
al Sistema, facilmente scambiata per anti-socialità e disadattamento da
chi è meno "attrezzato" a cogliere il mutamento.
Tuttavia, coloro che qualcuno ancora
addita come disadattati anti-sociali possiedono una capacità,
verificabile, di previsione che solo la mancanza di buona fede può far
ignorare. Emblematica, in tal senso, è la prontezza di chi, all'esordio del green-pass,
ha fin da subito collegato quello strumento ad una finalità ulteriore e
successiva, in cui le libertà saranno legate e assoggettate a politiche
ambientali oppressive e coercitive. La cosa si sta avverando, con
l'introduzione del credito sociale e le limitazioni imposte dal "green".
Un grimaldello, quello del "green", per scardinare
l'autodeterminazione dei Paesi, così da preparare la loro sottomissione
economica (e militare), sotto le mentite spoglie del benemerito contrasto ad un
cambiamento climatico che, a detta di molti studiosi, non sarebbe di origine
antropica. Ma, anche qui, occorre studiare, studiare,
studiare!!! (Leggasi, ad esempio, Franco Battaglia).
La preparazione e la lucidità di analisi
dimostrate da chi si oppone riportano la bilancia del giudizio nella sua giusta
posizione, soprattutto in prospettiva storica. Chi si espone lo fa a proprio
consapevole rischio, certo del valore morale della propria posizione che gli
eventi renderanno evidente. Se questo comporta l'indifferenza o lo sprezzo dei
contemporanei, pazienza.
Molto presto (perché i cambiamenti ora si
faranno sempre più stringenti e veloci), anche i resilienti, coloro che
finora si sono prostrati docilmente ai vari diktat e hanno creduto nei governi
e nei partiti, patiranno personalmente il pericoloso scivolamento liberticida.
Vedranno cosa significa una società trans-umanista e neo-feudale quale si sta
preparando (e che i resistenti provano a fermare).
E cominceranno a pensare, allora, che una
siffatta società sia "border-line", al limite della psicosi;
bambini costretti a pensarsi femmine e viceversa, sdoganamento della pedofilia,
dell'eugenetica e dell'eutanasia, scuola impoverita (ergo, cittadini meno
intelligenti), erosione dei rapporti sociali, attacco alla proprietà privata,
con un credito a scadenza e vincolato a precise limitazioni (green-pass...),
privatizzazione di tutto e privazione di molto, elettrosmog e trattamenti
sanitari obbligatori con dilaganti effetti collaterali...
E magari, poveri e malaticci, penseranno
che occorre dichiararsi anti-sociali rispetto al sistema costituito, che
non bisogna adattarsi...
Detto tutto ciò, lascio ora all'intuito dei lettori comprendere se la capacità di analisi della realtà da parte di un "border-line" come un "complottista /no-vax", poggi sulla psicosi o piuttosto sulla lucidità. Se non basta, proseguiamo.
b) COMPLOTTISTA
Nelle mie analisi della realtà inizio
sempre dal nome delle cose e dal significato delle espressioni. È il
procedimento più razionale; dalla parola e dai costrutti discende la
razionalità stessa dell'impalcato argomentativo. Non a caso, la filosofia inizia
precisamente nel linguaggio: il linguaggio è esso stesso filosofia, poiché i
costrutti rispondono alla logica concettuale che li struttura nella loro
complessità. Vado perciò al dunque:
Il termine "complottismo" è un
esempio emblematico di neo-lingua orwelliana, in quanto sarebbe da considerare
"complottista" chi i complotti li ordisce, non chi li svela. Colui
che viene qualificato come "complottista" sarebbe semmai un
"complottomane", e sarebbe da porre in un quadro clinico che va sotto
il nome di "paranoia". Alla lingua e alla psicologia si torna sempre.
La cosa divertente è che tale termine fu coniato per screditare coloro che non
credevano alla versione governativa sull'omicidio Kennedy: dove non arriva
l'evidenza della verità, si mette in campo il discredito, che è dunque una
condotta difensiva del potere e una implicita ammissione di inadeguatezza.
Infatti oggi sappiamo che i "complottisti" avevano ragione: J.F.K. fu
ucciso dalla C.I.A. ed era una verità inconfessabile al popolo americano e al
mondo intero. La storia, a ben guardare, è fatta di complotti, della necessaria
propaganda per mascherarli, e di una massa tendenzialmente fiduciosa che ci
casca, cui sfugge una percentuale storicamente stabile del 10%. Appurata da studi sociali (da Giustave Le Bon
a Mattias Desmet) questa è la quota fissa di scettici che esercitano il dubbio
precoce e non si lasciano influenzare dalla propaganda, ovvero da quel
persuasivo Ministero della Verità (di nuovo mi tocca scomodare Orwell) cui
genuflettersi, pena la marginalizzazione e finanche la violenza, che dallo
stigma e l'ostracismo (ricordiamo la grave sospensione dei diritti civili
subita dagli obiettori dell'obbligo vaccinale) arriva piuttosto disinvoltamente
fino all'omicidio. Joseph Tritto parla della scomparsa di un numero consistente
di ricercatori molecolari intorno al periodo pandemico (chissà perché, eh?); in
Italia, sempre in tale periodo abbiamo visto andarsene, in circostanze che i
più informati sanno essere oscure, diverse persone note per la loro scomodità e
il loro coraggio: un grazie a Fabio Trinca, Giuseppe De Donno, Domenico
Biscardi, così come a Luc Montagner e Giulietto Chiesa. Anche Davide Sassoli
forse era più onesto della compagine europea in cui era inserito: la sua
vicenda si interseca direttamente con quella di
Fabio Trinca e Domenico Biscardi, che doveva incontrare.
Già: perché darsi tanta pena per far
sparire gente paranoica con le traveggole?
Una giusta domanda, no? Ecco il punto: si
capisce la verità solo quando ci si pongono le domande giuste. E lì sta la
capacità (innata) di notare con prontezza le discrasie e le contraddizioni.
Qui entra in ballo la psicologia: ho
notato che un requisito fondamentale di chi indaga è la scarsa
impressionabilità, dunque un'emotività ricondotta all'autocontrollo, ma
soprattutto all'autoanalisi (due cose diverse); la propensione a non affidarsi
e a risolvere da sé; l'apertura mentale che consente di prendere in
considerazione ipotesi diverse, anche spiacevoli (dunque la capacità di
sopportare la cosiddetta "dissonanza cognitiva"); la capacità di
unire in un quadro congruo dati e circostanze compatibili e significativi
benché distanti; la continua revisione delle conclusioni alla prova della
realtà.
Porterò due o tre esempi di cosa
significhi essere complottisti.
Quando a Bergamo hanno sfilato i carri dell'Esercito con, si è detto, i corpi
dei morti da SARS-COV2, la mia prima reazione è stata quella di chiedermi
quante fossero le imprese funebri della zona e dintorni e se avrebbero potuto far fronte
alla situazione con i mezzi a disposizione. Ne ho controllato il numero sulle
Pagine Gialle e sono arrivata alla conclusione che forse quei carri non
servivano. Ovviamente, invito chiunque legga a fare la stessa verifica, in
ossequio all'esigenza di riprova e all'indipendenza di pensiero che lo
contraddistingue.
Secondo esempio: il furgone dei vaccini e l'esigenza di
conservarli a -80°C. Quando è stato aperto, non ha rilasciato neanche un po' di
condensa e spesso abbiamo visto i sanitari addetti alla manipolazione delle
fiale toccarle senza guanti. Proviamo a prendere un oggetto a meno ottanta e
poi ne riparliamo. O i vaccini non necessitavano dell'attenzione sbandierata,
magari per enfatizzarne l'arrivo, o la roba che hanno inoculato non rispondeva
alle esigenze di conservazione prescritte. Con i mini-frigo per le vaccinazioni
sulle spiagge, si è rasentato il comico.
Ovviamente, di queste contraddizioni ve ne sono state a bizzeffe
ed era divertente notarle, benché tutto si condisse di rabbia e amarezza perché
i cervelli più svegli erano quelli ricattati sul lavoro e ridicolizzati come
qualcuno ancora prova a fare. Ora però siamo forti della verità che è emersa e
non abbiamo paura ad alzare la testa.
E allora ecco un'altra chicca, più recente, che riguarda proprio
la verità finalmente e tragicamente emersa. È ancora reperibile in rete
un'intervista al Dott. Francesco Schittulli, oncologo, che a Tele Norba riporta
con sconcerto, e con una precisa "ipotesi" sulla causa, l'impennata
di cancro al seno nelle donne sotto i 40 anni: nel 2022, 11.000 casi su 60.000.
Poco dopo lo stesso Schittulli, che in fase pandemica non aveva brillato per
indipendenza, fa un video in cui smentisce quanto detto a Tele Norba. Strano.
C'è qualcosa che non si deve dire?
Tranquilli. La verità, diceva Sant'Agostino, è come un leone: si
difende da sola.
La storia non è mai stata troppo brava ad insabbiare i complotti e
deve costantemente ricorrere a censure, propagande e divieti, che non sempre
bastano a cancellare il misfatto. Questo è un periodo straordinario da molti
punti di vista, perché, come ho già avuto modo di scrivere, quando uno inizia a
scavare per scovare qualcosa, finisce per tirar fuori un sacco di altre cose.
Più il Sistema ricorre alla neo-lingua, alla riscrittura dei libri, alla
cancel-culture, più acquista significato la difesa della cultura e delle
ricerche indipendenti.
Le contraddizioni sotterrate e disconosciute della narrazione
ufficiale, nonché il lavoro libero di appassionati ricercatori, continua
sempre, pur debolmente, a dare testimonianza di sé anche da un passato
lontanissimo. A chi lo voglia sondare si richiede uno sforzo non indifferente
che coinvolge cognizioni approfondite di storia, archeologia, fisica,
linguistica, antropologia, geologia e perfino campi del sapere più
pionieristici e meno "ortodossi" come quelli esplorati da Corrado
Malanga e Luciano Pederzoli.
Ora, mi chiedo: ma chi utilizza, ancora oggi, e dopo innumerevoli
evidenze, i termini di "complottista" e "no-vax",
magari con la farcitura in mezzo di "terrapiattista", ha un
minimo di cognizioni di questo tipo? Ha studiato qualcosa in più, oltre a
Repubblica e Il Corriere della Sera? Non dico, si badi bene, che si debba esser
laureati, dal momento che i laureati hanno dimostrato di dormire più degli
altri, appiattiti su un accademismo sterile ed autoreferenziale (io ho
rinunciato al conseguimento della laurea per non volermi più conformare a quel
sistema, espressione piena del Sistema sovrastante), ma dico che il vero sapere
è sempre scoperta e non si nutre di slogan.
c) NO-VAX
Molti "no-vax" hanno fatto, in realtà, un sacco
di vaccini. Precisa tattica della propaganda è quella di affibbiare etichette
denigratorie per ridicolizzare e deprecare i bersagli. Così, nascono
appellativi, slogan e massime che spaccano la società e promuovono la
diffidenza e l'odio. Divide et impera.
Chi ha manifestato resistenza di fronte all'obbligo vaccinale sa
bene quali fossero non solo i diritti contraddetti dalla stessa obbligatorietà,
ma quali fossero, anche, le assurdità delle procedure che palesavano
chiaramente la sudditanza delle ragioni mediche alle logiche politiche. Già il
fatto che un vero vaccino necessiti di anni di sperimentazione per la sua
immissione sul mercato, la diceva lunga, sin dai primi momenti, sulla natura
dell'operazione. Vi è poi una considerazione ulteriore: la propaganda si è
mossa prima della censura e, chi ne ha avute le capacità, ha potuto condurre
indagini approfondite sulla natura di questi progetti: indagini che oggi
sarebbero quasi impossibili, data la trasformazione del principale strumento
informatico, di lì a poco, da motore di ricerca a filtro. Va sotto il nome di
"eterogeneità dei fini" la funzione non prevista di uno strumento o
di una misura: Internet, nato come mezzo (militare) di influenza e di
controllo, è diventato prezioso veicolo di consapevolezza.
Chi ha appreso dell'egida essenzialmente militare dei
bio-laboratori, o ha acquisito (finanche) i risultati delle sperimentazioni con
le metodiche a m-RNA, si è semplicemente svegliato per tempo: a dargli ragione
basterebbe la difesa del principio inalienabile dell'habeas corpus.
Tuttavia, abbiamo ancora una volta la possibilità di verificare la fondatezza
di chi ha dissentito.
Associazioni come "Corvelva" o il comitato
"Ascoltami" sono attivamente impegnati a difendere migliaia di
cittadini silenziati e ignorati. I giornali riportano quotidianamente di strani
malori improvvisi, mortali anche tra i bambini. Ovviamente, roba mai vista
prima. Il sindacato di Polizia COSAP ha avuto il coraggio di raccogliere i dati
sui danneggiati non solo tra gli agenti, ma anche nei corpi militari, arrivando
così ad una cifra di 50.000 casi. Come "LIBER-ALITER", possiamo
fregiarci di avere posto l'attenzione sul problema con la proiezione del
documentario "Invisibili", precipitosamente organizzato a Lastra a
Signa all'indomani della sua censura a Roma. Abbiamo anche proiettato,
successivamente, il documentario COVID-19 di Martina Pastorelli, giornalista
capace e tenace, per l'occasione nostra ospite in collegamento.
Dal dubbio alla ricerca: la contrarietà consapevole all'obbligo
vaccinale ha scatenato quella necessità di approfondire, analizzare, dedurre
che ha scoperchiato un vaso di Pandora. Le nozioni sui sieri
"anti-pandemici" si sono estese alla riconsiderazione dei vaccini in
genere, e si è posta l'attenzione a qualcosa che non ha terminato, con la fase
COVID, di insinuare le nostre vite. Infatti ora, chi ha compreso non solo la
funzione e l'effetto dei coadiuvanti, ma anche l'utilizzo della tecnologia a
m-RNA, presto estesa al trattamento delle malattie più disparate, sarà ben
attento a tutto ciò che gli verrà proposto anche in futuro. E magari, salverà
ancora una volta, la salute propria e dei figli. C'è inoltre da notare che, se
AIFA ha addotto la motivazione del segreto industriale e militare per celare
gli ingredienti del cosiddetto "vaccino" (sottoposti ad un
paradossale "consenso informato"), d'ora in poi saranno prodotti da
Istituti Farmaceutici Militari anche tutti gli altri vaccini. La cosa è passata
sotto silenzio, anche nei canali della controinformazione, ma rivendico
personalmente il merito, qui, della sua divulgazione, seppur limitata dagli
umili mezzi.
Intanto, potrei aggiungere, sempre sulla questione
"no-vax", che in America è uscito un film molto interessante, Vaxxed,
foriero di analisi e riflessioni che coinvolgono fette di popolazione (specie
di genitori) sempre più ampie. Ho sempre riflettuto a lungo sullo scarso
ascolto che normalmente ricevono quei genitori che riportano improvvise
involuzioni cognitive e comportamentali dei figli a seguito di vaccinazioni;
come non credere a un genitore che ti dice "Mio figlio era normale fino a
quel momento"? Eppure nessuno li vuole ascoltare. La genitorialità è un
territorio minato, in primis dalla fiducia degli stessi genitori nella bontà
delle Istituzioni, secondariamente dalle Istituzioni medesime che mettono in
atto, specialmente con l'ultima riforma scolastica, strumenti e figure vòlti ad
una ulteriore delegittimazione familiare. Ho già scritto altri articoli su
questo tema e sui pericoli sociali insiti in ciò, perciò invito a leggere il
blog.
Io sono sicura solo di un fatto: che ai miei tempi, ovvero fino
agli anni '70, i vaccini erano ancora tali e sicuri. Eravamo sani e
intelligenti. Anche la scuola era migliore. E ci siamo forgiati per essere,
oggi, la parte più consapevole della società.
Intanto chiediamoci una cosa semplice (l'avrò già espressa, forse,
da qualche parte, ma la ripeto): il nome di un Ministero non può cambiare per
caso; esso risponde sempre, pur nelle sgrammaticature della odierna
degenerazione linguistica "e di pensier", ad un indirizzo
ideologico. Doveva insospettire il cambio da "Ministero della Sanità"
a "Ministero della Salute": la salute non è un fatto sociale, ma
personale; poggia sull'habeas corpus ed è insindacabile. E quella infatti si
è colpita. La Sanità è distrutta, con la sua completa privatizzazione (lo
scheletro di Gelli esulta), e la Salute diventa il baluardo da espugnare: un
territorio in cui sulla profilazione genetica si incardineranno lavoro,
procreazioni, assicurazioni e... cure a m-RNA e DNA.
Termino con una considerazione. Se i "no-vax" subiscono
(ancora) la solita propaganda denigratoria, anche i "resilienti" si
sono guadagnati una loro catalogazione: mi viene in mente lo
"storditi", di balanzoniana ispirazione, nonché il più elegante
"vax-alli", con cui tra amici sottolineo scherzosamente l'altrui
pronità sanitaria, nonché una ideale idoneità al prefigurabile sistema
neo-feudale. Insomma, chi di lingua ferisce...
Resta il fatto che, ironia o acredini a parte, la grande
responsabilità sociale di certe affermazioni è ravvisabile in chi ha avuto un
ruolo di spicco nella comunicazione ufficiale. Mi riferisco a cantanti,
conduttori, attori, giornalisti, politici e macchiette varie come virostars prezzolate e influencer (di "deficenter" direbbe Silver Nervuti) che si sono giocati la
reputazione prestando il fianco alla propaganda più becera. Su uno mi soffermo.
Il geologo Mario Tozzi, alla morte di Luc Montagner, volle
riferire di avere riso per ore nel formulare la battuta "Che la terra
(piatta) ti sia lieve", che di per sé non sarebbe brutta, se non fosse
davvero fuori luogo, perché viziata da un pregiudizio che con la comicità non
ha nulla a che fare. Ma Tozzi si era già fatalmente sopravvalutato, quando in
un'altra occasione si era improvvisato virologo (sempre su RAI 3). Per
caldeggiare il siero, si era lanciato in una dissertazione sull'evoluzione
virale, descrivendo il virus come una creatura che, nella lotta per la
sopravvivenza, si sarebbe darwinianamente selezionato, divenendo man mano più
pericoloso e aggressivo. Sapevo bene che così non è, e che, anzi, succede il
contrario: se una pandemia la si lascia evolvere (senza interferire con
vaccinazioni, che possono dar luogo a fenomeni ricombinanti) essa si
normalizzerà in semplice epidemia.
Così, quando l'incauto si è espresso con tanta villanìa verso Luc Montagner, non ha fatto che confermarmi un sospetto: chi denigra, più che qualificare l'altro, qualifica se stesso.
di Sara Lunghini
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