FA PARLARE DI TE - atto secondo

 

LA TAVOLATA DEI RIFUGIATI – Roberto Giorgetti


 

A quasi cinque anni dalla prima adunata a base di ribollita, le cene a casa del parcheggiatore abusivo di Piazzale Vittorio Veneto, da necessità per aggirare le paradossali restrizioni pandemiche, sono diventate una virtù a cui i partecipanti non intendono rinunciare. E io, che pur potrei farlo in quanto unico autore di tutti i commensali presenti, non ho alcuna intenzione di privarli del piacere dello stare insieme a tavola. Anzi, anche in questa occasione non interferirò minimamente, preferendo lasciarli camminare con le loro gambe... e che ciascuno si dipani fra le proprie elucubrazioni come meglio crede! Sarò l'osservatore onnisciente e silente... poi in fondo, chi potrebbe conoscermi meglio di coloro che sono me?

L'architetto Leopoldo, come al solito, è stato il primo ad arrivare, seguito dal brigadiere Daniele Tempestini perfettamente in piombo sull'orario fissato. Gli altri, come consuetudine comanda, sono arrivati alla spicciolata col canonico ritardo che al massimo sfiora senza sforarla la ventina di minuti... e sempre come al solito, l'architetto Leopoldo è anche l'ultimo a sedersi al tavolo; colpa la sua maniacale ossessione per l'organizzazione, che gli impone di sovrintendere all'assegnazione dei posti. In verità non ce ne sarebbe alcun bisogno poiché, ormai, ognuno si siede meccanicamente sempre nel solito posto, un po' come credo accada in ogni famiglia... e loro sono finiti per diventare un po' la mia. Ma tutti sembrano aver capito quanto l'architetto Leopoldo tenga al ruolo, o all'illusione che è esattamente la stessa cosa⁽¹⁾, e stanno al gioco; io compreso, ancora ignaro di essere l'argomento della serata. 

A tirarmi in ballo è Freddy, fisioterapista di Scutari e da una ventina d'anni imbianchino nelle migliori case di Firenze e dintorni. Col pretesto di dare il via alla serata con uno shottino alla mia salute, tira fuori dalla tracolla di stoffa colorata una bottiglia di raki moskat. Racconta agli altri del nostro primo incontro; dice che l'ho forgiato in una libreria del Centro, una di quelle poche botteghe che non hanno mai smesso, anche se col bandone abbassato nei momenti più cupi di quel budello di periodo, di organizzare eventi in presenza fisica - come se esistesse anche un modo per essere presenti in assenza – mantenendo attivo, proprio quando ce n'era più bisogno, quell'intreccio di liberi-pensieri che tesse la trama della consapevolezza collettiva.

Il brigadiere Tempestini, per senno professionale più che per deformazione, pone subito un freno alla deriva sovversiva del discorso: «E ti pareva!; quando c'è una barca che va contro l'ordine costituito, lui è a bordo con un remo in mano.»

«Mettila come ti pare Daniele, gli va riconosciuto che in linea di principio si pone dalla parte della ragione, almeno io mi trovo quasi sempre allineato con le sue posizioni» mi difende il padrone di casa.

«Sono i metodi che lo fregano, sembra quasi che lo faccia apposta a scegliere quelli meno comodi per sé» chiarisce l'architetto Leopoldo, con gli occhi lucidi per il raki buttato giù troppo in fretta.

«È una fava!» scolpisce su una pietra virtuale il vinaino, ricorrendo a un termine che non lasci nel dubbio della comprensione chicchessia, stranieri compresi.

E di sicuro non ha bisogno d'essere aiutato nella comprensione Taamil, inserviente tuttofare con tanto di laurea in ingegneria informatica «Mah!, secondo me è più... come si dice... più stratega di quanto voglia sembrare; a volte ho la sensazione che provochi di proposito e più del dovuto per forzare la reazione dell'avversario, per farlo venire allo scoperto e prendergli le misure.»

«Lo stai sopravvalutando; forse codesto riesce a farlo in fase di quiete, ma quando la discussione è accesa va anche troppo d'istinto e senza paracadute. Imparasse ad annacquare un po' quello che dice farebbe meglio» mi accusa Daniele che, a differenza dell'architetto Leopoldo, ha gradito senza colpo subire e allunga il bicchierino dando il La al secondo giro di raki.

«Non è nel suo carattere, non ci riuscirà mai; avesse saputo farlo, si sarebbe protetto in maniera diversa quand'era il momento... e probabilmente noi adesso non ci saremmo» ribatte Freddy alzando in aria il bicchierino prima di rovesciarselo in gola in una sola sorsata. Schiocca le labbra soddisfatto, poi riprendere il discorso fornendo la prova a supporto della sua affermazione: «posso dirlo con certezza perché anch'io ho lo stesso carattere di merda, e anch'io ne ho pagato e ne pago il prezzo. Per me, come credo per lui, la coerenza con i propri ideali, giusti o sbagliati che siano, non è stata e non sarà mai una possibibilità di scelta ma una condizione imprescindibile.»

«Cosa vuoi dire?» chiede Santiago perplesso, inserendosi finalmente nell'oggetto della discussione. Come succede a tutti gli artisti, quando la sua mente è a riposo si adagia su una nuvola d'astrazione e c'impiega sempre qualche giro di rotellina per riallacciare la comunicazione con la realtà.

«Voglio dire che siamo così cretini che, quando siamo di fronte alla scelta di una posizione da assumere, sul piatto della bilancia mettiamo tutti gli elementi possibili e immaginabili, tranne il prezzo da pagare. Non scendere a compromessi vuol dire avere rispetto di sé, ma è da imbecilli... come dite voi in Italia, è come mettere le palle sull'incudine e prendersele a martellate.»

«Vuoi spiegarlo a me Freddy, che campo d'elemosine?! Vengo rincorso dagli agenti mandati a multarmi perché qualcuno ha stabilito che suonare il violino per strada è reato, ma possono rompere las pelotas a la gente in qualsiasi momento con le propagande telefoniche! Lo sai che se io avessi accettato di estar con el partido político correcto, adesso vivrei nel mio paese, circondato dai miei affetti e avrei il posto en una orquesta titulada? No; ti chiedevo cosa vuoi dire con "probabilmente noi adesso non ci saremmo".»

«Non c'è che dire, vedo che in tutto il mondo il potere è capace di dare il peggio di sé caro Santiago! Scusami, non avevo capito la tua domanda. Intendo dire che lui non è uno scrittore, ma nemmeno uno che si è messo a scrivere così tanto per scrivere e magari scrivere cose annacquate, come le chiama Daniele, o, peggio ancora compiacenti, con la speranza di tiraci fuori un mestiere o un guadagno. Se le ingiustizie della società in cui s'è trovato col naso dentro non gli avessero accumulato dentro tanta rabbia, non gli sarebbe mai venuto in mente di mettersi a scrivere, e noi ora non ci saremmo: è questo che intendo dire. Io sono convinto che lo faccia per incitare, forse addirittura per denunciare ciò che non poteva essere denunciato per altre vie; non credo che il suo obbiettivo sia mai stato mettere dei romanzini a raccattare la polvere sugli scaffali delle librerie, nemmeno quando ha scritto di argomenti apparentemente insignificanti. Piuttosto, cerca di dare il suo piccolo contributo nella speranza di modificare, anche impercettibilimente, il corso degli eventi in una società orientata al massacro. Che poi quasi nessuno lo abbia ascoltato è un altro par di maniche...»

«... Però quelli che lo dovevano leggere evidentemente lo hanno letto, e un po' di disturbo l'ha creato» interrompe il parcheggiatore «sennò non si darebbero tutto questo gran daffare per censurarlo dappertutto.»

«Su questo non c'è dubbio» conferma il Tempestini, che evidentemente conosce dettagli che non può rivelare «e non gli starebbero così alle costole per essere sicuri di non perdere nemmeno un'occasione per ignorarlo

«Potrebbe farlo con un po' più di grazia però, quando piglia il via va giù a stroncamacchia senza riguardi. Alla fine si fa male per sé e non giova alla causa» afferma il vinaino.

«Macché!, le battaglie non si fanno mica con le mezze misure: o strappi le maschere o stai buono al posto che ti hanno assegnato. Dico bene Daniele?» chiede il parcheggiatore.

«Giusto; ma lui alla fine non ha smascherato un bel niente. Come ha detto Freddy, alla fine nessuno ha preso in considerazione quello che ha scritto, se non per rivoltarglielo contro.»

«Almeno lui s'è levato la soddisfazione di rompere i coglioni quanto gl'è parso e ha imparato a uscirne con le ossa rotte. Per esperienza personale posso dirvi che non esiste lezione più istruttiva» chiosa a ragion veduta il parcheggiatore abusivo.

«A giudicare dai fatti, mi pare che la lezione non l'abbia mai imparata; quantomeno però s'è fatto un'idea chiara di come gira il mondo nel Bel Paese» conferma l'architetto Leopoldo.

«Non c'è dubbio, su questo concordo» dice il brigadiere. «Mi è capitato di vederlo in azione in circostanze in cui per ovvie ragioni dovevo mantenermi neutrale. Sono arrivato alla conclusione che, paradossalmente, il suo più grosso limite sta nell'esatto contrario di ciò che appare.»

«Spiegati meglio» chiede Freddy in piedi col tegame in mano, mentre il parcheggiatore riempie le scodelle di penne al sugo d'anatra e pioppini.

«Confermo quello che non ho specificato prima: è uno che prima di prendere una posizione scava a fondo in ogni singola questione, fino al punto, come ho detto, da non poter più annacquare nulla; ed è proprio questa sua razionalità, che in teoria dovrebbe renderlo inattaccabile, a ingessarlo su prese di posizione così rigide da farlo apparire isterico, mosso solo da istinti rabbiosi e incontrollabili privi di ogni fondamento logico. Insomma, prima immagazzina fino a saturazione e poi deflagra senza dare avvisaglie; esplode tutto insieme spiazzando chi ha davanti, facendosi scambiare addirittura per pazzo e finendo per fornire all'avversario la chance per passare dal torto nella sostanza a una parvenza di ragione nei metodi.»

«Trattiene la rabbia fino a quando non è più in grado di controllarla. Avrà imparato a convivere con le ossa rotte, sono d'accordo, ma non ha imparato a conoscersi. E senza conoscersi, non può prevenirsi» conclude l'architetto Leopoldo.

«È una caldaia senza valvoledi sfiato; la rabbia è un'energia potentissima che al vapore gli fa una sega e lui non ne controlla né la compressione né l'espansione. Io però lo capisco; non mi sento molto diverso da lui, almeno da questo punto di vista» conferma il parcheggiatore abusivo con la sua solita schiettezza.

«E io confermo che è una fava» ribadisce il vinaino. «Buon appetito!!!»

«È libero! Buon appetito!» dice Taamil.

«Sì: una fava libera! Buona appetito!» ribatte ancora il vinaino.

«Libero e ingovernabile, grazie a Dio: se lui non avesse accettato di esporsi senza riserve, noi oggi saremmo solo dei personaggetti insignificanti come milioni di altri, utili solo a fare i riempipagine in qualche romanzetto. Buon appetto!» e anche l'architetto Leopoldo alza il bicchiere all'ennesimo brindisi.

«Fate come vi pare, ma secondo me dovrebbe essere un po' più tollerante, mica tutti possono capire tutto al volo. Buon appetito!»

«Qui secondo me ti sbagli Daniele, non è questione di capacità di comprensione: lui non sopporta chi rifiuta di capire per servilismo, gli stupidi per convenienza... e anche in questo è proprio come me! Buon appetito!» e anche Freddy alza il bicchiere.

«Buon appetito... e ora cambiate argomento, ci sarà pure qualcosa di gradevole di cui parlare!» concludo io... ma non mi sentono.

 

¹⁾ "Siamo noi i creatori dell'Universo", cit. Prof. Corrado Malanga


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