LA POLITICA: C'E' O CI FA?

 

   Stamani mi sono svegliato con la voglia di raccontare una storia vecchia di una ventina d'anni. A dir la verità, più che di una storia si trattò di un equivoco. Insieme a una di quelle combriccole che adoravo frequentare, dopo aver vagato fra le tribù colorate sugli altopiani nel Nord del Vietnam e navigato tra i faraglioni del Golfo del Tonchino, giungemmo ad Hanoi con un paio di giornate d'anticipo sul volo che ci avrebbe tristemente ricondotti alla quotidiana mediocrità di chi vive, più o meno suo malgrado, su questa penisola di mondo (penisola in senso sociale ancor più che intesa come entità geografica). Fu in una di quelle due sere che, andando alla deriva per le strade del centro di Hanoi, c'imbattemmo in una folla di persone che occupava tutto il marciapiede e una buona parte della strada davanti a una delle tipiche abitazioni del posto, caratterizzate dalla facciata strettissima e nelle quali ogni funzionalità si sviluppa in profondità, al limite in verticale e, ancora più segnatamente, all'esterno. Forse colpiti dagli abiti che vestivano, diversi dal solito standard a cui ci eravamo ormai abituati, o forse per il fatto che tutti tenevano in mano qualcosa da bere o da mangiare, la curiosità del viaggiatore ci spinse dapprima ad avvicinarci e subito dopo, senza rifletterci granché, a imbucarci pure noi nel matrimonio. La tavola imbandita era sul marciapiede; la raggiungemmo zigzagando fra gli invitati e, dopo qualche spelluzzicamento, approfittando del fatto che nessuno pareva dare troppa importanza al nostro aspetto occidentale, ci sembrò carino conoscere gli sposi prima di andarcene. La grande porta, larga quasi quanto tutta la facciata della casa, era completamente spalancata a favore del lento andirivieni degli ospiti, in mezzo ai quali ci mescolammo. La sorpresa, appena varcata la soglia, fu quella di non trovarci davanti una coppia di sposini felici, ma una cassa da morto scoperchiata con tanto di contenuto in bella mostra. A parte l'innocente equivoco, non c'era davvero nulla di cui stupirsi, d'altra parte è risaputo che paese che vai usanza che trovi e guai se così non fosse; se invece che ad Hanoi fossimo capitati a Varanasi, saremmo rimasti allibiti nel veder cremare le salme sulle pubbliche piazze e poi, nella migliore delle ipotesi, gettare le ceneri nelle acque limacciose del Gange perché a volte, se il morto è di estrazione povera e la famiglia non ha abbastanza soldi per pagare una pira di volume adeguato, nel Fiume Sacro ci finisce un corpo poco più che carbonizzato.

   Mi sono concesso questo lungo preambolo per rivivere (egoisticamente) esperienze di viaggio indelebili, ma anche per introdurre una leggera riflessione sulle tradizioni e gli usi consolidati dal tempo, le credenze diffuse e persino le superstizioni che, oltre ad avere origini collocabili nei meandri dei millenni fino a perdersi in un addietro che punta all'infinito, caratterizzano rendendola unica ogni comunità di persone e, al tempo stesso, costituiscono quel bagaglio che a sua volta, insieme alle arti, alle conoscenze scientifiche e alle sensibilità, fra cui quella per il rispetto dell'ambiente, rappresentano la Cultura di un popolo.

   E allora, tenuto conto dell'impatto che ha sull'ambiente la produzione di rifiuti, nel momento in cui una nuova tariffazione si prefigge di correggere gli usi e le consuetudini relative alla loro gestione da parte dei cittadini, come gruppo culturale potevamo disinteressarcene? Dopo esserci risposti di no, ho deciso di iniziare a parlarne io, partendo di nuovo con un'esperienza personale e una nuova ipotesi di equivoco, ma questa volta molto più vicina, sia nel tempo che nello spazio e, soprattutto, attinente all'argomento: qualche giorno fa, in via Cadorna.

   Dunque, qualche giorno fa, come tutti i miei concittadini in questo periodo, ho diligentemente risposto alla chiamata della Società per Azioni addetta alla raccolta dell'immondizia mettendomi in fila, da bravo suddito, per ritirare le nuove credenziali attraverso le quali sarà demandato a degli smart-cassonetti (definizione non ufficiale) dotati di intellighenzia artificiale il compito di sindacare sulla condotta più o meno virtuosa di ogni nucleo familiare, e ciò secondo standard su cui di seguito disquisiremo. Ma prima lasciatemi dire che, nell'attesa, mi ha consolato pensare al congruo canone d'affitto che la S.p.A., per avere a disposizione quei locali, verserà nelle casse comunali soldi con i  quale l'Amministrazione provvederà a migliorare alcuni servizi (penso al trasporto degli studenti) o a comprare nuovi libri per la biblioteca, ma questo a condizione che prima venga riaperta a tutti dal momento che, è bene ricordarlo, dal 6 agosto del 2021 l'accesso è precluso a una categoria di utenti, divieto comunicato a mezzo posta elettronica e che non mi risulta essere mai stato revocato con "comunicazione uguale e contraria".

    Fatta questa ulteriore premessa che non è una premessa ma l'estrazione di uno dei tanti sassolini di cui ho piene le scarpe (e non solo quelle), premetto anche che da anni godo di uno sconto sulla Tari riservato a chi non conferisce rifiuti organici, poiché mi sono munito di compostiera e ho scavato una concimaia dalle quali ricavo il percolato e il concime organico con cui disseto e nutro le piante domestiche. Preciso che nel tempo, essendo tutto regolarmente dichiarato, ho ricevuto almeno quattro controlli dagli organi preposti e tutti con esito positivo. Ovviamente, come lo sto scrivendo qui, l'ho fatto presente anche alla signora di via Cadorna, aggiungendo che la tessera (che brutto termine evocante cose ancor più brutte!) marrone per l'umido non mi serviva. Non l'avessi mai detto! Sparita la gentilezza che fino a quel momento l'aveva contraddistinta ma conservando intatta la professionalità, l'impiegata della S.p.A. mi ha fatto notare che non mi sarebbe più convenuto gestire in proprio l'umido, dal momento che con la nuova (e geniale) tariffa il risparmio aumenta all'aumentare dei rifiuti prodotti (non sono le testuali parole che non ricordo, ma il senso è questo). Il senso era talmente questo che ho pensato sinceramente di essere incappato in un nuovo equivoco, tipo quello dello sposalizio col morto. Così, quando lei ha concluso dicendomi che se la tessera marrone non la volevo potevo non ritirarla, io non l'ho presa e salutando educatamente sono ripartito da via Cadorna senza ribattere... ma rifornito delle altre tessere e chiavette varie, oltre alla scorta di ecologicissimi sacchetti di nylon. 

   Terminato il racconto di questa breve disavventura burocratica (esiste qualcosa che abbia a che vedere con la burocrazia e che possa non essere classificato disavventura?), leggendo l'opuscolo che mi è stato fornito insieme alle credenziali e alla scorta di sacchetti, cerco di capire in maniera imparziale dove va a parare questa nuova Tariffa definita corrispettiva. Fortunatamente le istruzioni non sono scritte in politichese, come mi sarei malignamente aspettato; tantomeno fanno inutili giri di discorsi andando dritte al sodo. Infatti, appena alla seconda riga, già si entra nel vivo dichiarato della questione: leggo che lo scopo è premiare "coloro che più si impegnano nella separazione dei rifiuti", comportamento certamente virtuoso ma non sufficiente, dal momento che lo scopo principale dovrebbe essere quello di ridurne al massimo la produzione. E qui fermiamoci un attimo per la prima considerazione. Ammesso e non concesso che i rifiuti differenziati vengano riciclati al cento per cento, separarli ci mette al massimo al riparo dal finirci sepolti (chi non ha mai visto qualche discarica che è diventata un'autentica montagna?) o dall'incamerare nei polmoni le polveri sottili frutto dell'incenerimento. Se su questo punto siamo tutti d'accordo, resta il fatto che comunque raccoglierli, gestirli e riciclarli fino a riportarli allo status di materia prima (riprenderemo questo discorso più avanti) ha un impatto ambientale non indifferente. Allora, dopo il cenno alla diligente separazione dei materiali, mi aspetto un premio ancora maggiore per quegli utenti, loro sì davvero virtuosi, che, al di là della cernita, adottino comportamenti volti a ridurre la massa globale dei rifiuti. Ma purtroppo è sufficiente arrivare alla terza riga per sentirsi cadere le braccia (o cascare qualcos'altro), infatti (cito ancora testualmente) "non è importante quanto residuo non differenziato produci" poiché il premio matura in funzione del rapporto fra differenziato e indifferenziato: "è il rapporto che fa la differenza!"

 

 

   Insomma, se nottetempo ti freghi il rifiuto differenziato lasciato incautamente fuori del portone dal tuo vicino, hai diritto a un bonus per conferire un volume di indifferenziato pari ai tre settimi circa di ciò che lui (il tuo vicino) ha tanto attentamente separato. Certo, non ti dico di farlo tutte le notti, ma la volta che devi svuotare la cantina potresti farti prendere dalla tentazione; certo, potremmo dire che un bravo cittadino deve comportarsi in maniera responsabile per coscienza, mica perché riceve in cambio un premio. Ok; anche su questo siamo perfettamente d'accordo, ma allora perché introdurre una tariffa che vorrebbe stimolare (non metto in dubbio la buonafede) al virtuosismo se non premia chi davvero è virtuoso? (Questa ricorda un po' i vaccini che non vaccinano, ma è un argomento che abbiamo già trattato e, con grosso dispiacere di qualcuno, tratteremo ampiamente per almeno i prossimi dieci anni, visto che tutte le politiche economiche e sociali del prossimo decennio saranno scandite dal fallimento dell'affaire Coronabusiness). Digressioni a parte, vado avanti nella lettura del manuaeletto del buon conferitore nella speranza di imbattermi nel "sì, però" che ribalti la situazione. Ma non sarà così; addirittura, per quanto un utente possa essere ligio e coscienzioso, "è prevista una soglia minima annuale di svuotamenti" (di indifferenziato) e dunque, se ti è venuta la voglia di essere bravo in cambio di un riconoscimento, fattela passare: non avrai nemmeno la pacca sulla spalla.

 

   Va be', ci abbiamo un po' scherzato sopra e ci siamo permessi di farlo dal momento che, in buona sostanza, non cambierà nulla se non la forma e il colore dei cassonetti, trasformazione estetica che insieme all'adeguamento del parco veicolare impiegato nello svuotamento, comporterà un costo che probabilmente ci ritroveremo a pagare in bolletta (anzi, nella tariffa). A questo punto viene da chiedersi chi abbia studiato e deciso i metodi di calcolo della nuova tariffa, ovvero: la Società per Azioni o gli organi politici deputati a tutelare l'ambiente e gli interessi generali dei cittadini? Ragioniamoci un attimo sopra. Un'azienda persegue un legittimo profitto che aumenta più che progressivamente all'aumentare del volume d'affari, ciò in considerazione del fatto che i costi fissi vengono spalmati su un fatturato maggiore; ergo, se i manager di una società per azioni, potendolo fare, non puntassero all'incremento del volume d'affari, non assolverebbero bene alla loro missione. In altre parole, se la famiglia Agnelli negli anni della motorizzazione di massa, invece di pubblicizzare la 600 e le rate della Sava, avesse investito in Pubblicità Progresso per promuovere salutari camminate o beate scampagnate in bicicletta, avrebbe adottato una strategia commerciale lodevole dal punto di vista etico, ma del tutto fallimentare da quello imprenditoriale (a questo ci avrebbero pensato in seguito gli Elkann, ma è un altro discorso). Dunque, se la nuova tariffazione è partorita dalla S.p.A il cui genere merceologico sono i rifiuti, è chiarissimo e più che giusto che punti ad aumentarne la produzione e, di conseguenza, il proprio volume d'affari. Ma siccome la tariffa la pagano i cittadini che, nella fattispecie, si configurano come la controparte della suddetta azienda, voglio sperare che a stabilire le regole del gioco siano gli amministratori pubblici eletti dagli stessi cittadini (e dai quali ricevono lo stipendio) per tutelare l'interesse generale e non certo quello di una S.p.A., pur con tutto il bene che possiamo volerle e riconoscendole il sacrosanto diritto a perseguire il massimo profitto (cominciamo però a pensare cosa succederebbe se il privato al quale venisse regalata la gestione dell'acqua, avesse anche la facoltà di stabilire la tariffa della nostra sete). A questo punto sarebbe quindi interessante sapere chi ha deciso la nuova tariffazione, domanda alla quale non ho la risposta ma per la quale abbiamo già formulato le considerazioni su ciascuna delle due possibili ipotesi. Resta da capire quali politiche la politica voglia mettere in campo per ridurre la produzione dei rifiuti, ma addentrandosi in questo meandro si rischia di trovare solo il nulla siderale. Riguardo all'inutilità, ma ormai potremmo parlare più propriamente di dannosità della politica, mi limito a richiamare una citazione tratta dalla raccolta di racconti "Punto in corsivo", copia'ncollata in coda a questo articolo.

    C'è poi l'altra questione, quella lasciata poc'anzi in sospeso, ovvero la riconduzione dei rifiuti allo status di materia prima, pratica nella quale l'incentivazione pressoché nulla alla diminuzione dell'immondizia potrebbe trovare una valida giustificazione. In questo caso, contrariamente a come ci vengono fatti percepire, i rifiuti non sarebbero più un problema, bensì una risorsa in quanto materia prima secondaria; di conseguenza, noi cittadini, non saremmo più il limone da spremere ma i fornitori della merce da cui si innesca il processo industriale che produce nuove materie prime dalle quali, a sua volta, ricavare nuovi prodotti che finiscono sul mercato. In altre parole, da l'esser tartassati diventeremmo il primo attore di un processo economico che genera profitti, cosicché la Tariffa corrispettiva, invertito il senso di marcia, si trasformerebbe nel giusto ricavo a cui avremmo diritto. Concludo con un esempio chiarificatore: si è mai sentito dire del proprietario di una cava che paga qualcuno perché gli porti via le pietre? È sempre successo che il proprietario della cava venda le pietre alla fornace che vi ricava la calce e il cemento, acquistati dal muratore che costruisce la casa che poi venderà a chi vi andrà ad abitare.

    L'accostamento fra politica e rifiuti... (boooni, non fate battute stupide!!!) mi ha sollecitato un altro dubbio: chissà se i nostri politici hanno già pensato un modo eco-compatibile per smaltire le batterie esauste delle auto green e i milioni di metri cubi di materiale chimico che hanno incentivato a far incollare sulle facciate delle case per renderle (altrettanto) green, quando chi le abita, stanco della muffa sulle pareti interne, li staccherà con le unghie? Un ambiente sano ha bisogno di respirare e la casa bio (che vuol dire vita) è sana proprio perché respira, mentre la casa green, incellofanata nel centodiecipercento, soffoca... si ammala... "muore e fa morire" (cit.). Sarà pure una mia fisima, ma tutte le volte che sento una parola prefissata da green o da smart, uno strano riflesso incondizionato mi fa camminare strisciando al muro.

   Avrei molto altro da aggiungere e non mancheremo, come gruppo, di farlo con altri articoli; concludo tornando un attimo sul tema degli smart-cassonetti e dei "nuovi dispositivi di lettura" con cui sarà quantificato il virtuosismo dei cittadini (credito sociale?) per lanciare nell'aria una domanda: è ipotizzabile una correlazione con la giungla di telecamere che imperversano sulle nostre città e che, stando alla cronaca, non hanno alcun impatto sulla riduzione del crimine? Mi fermo qui, che a prendere del complottista ci vuole un attimo... salvo aspettare che i fatti, immancabilmente, mi diano ragione (e io, nel saper aspettare, sono bravissimo). E ora, con un'imbeccata e uno slogan, chiudo per davvero: le ricevute dei pos sono stampate su carta chimica e vanno nell'indifferenziato; chi paga in contanti paga meno!

di Roberto Giorgetti


Citazione da Punto in corsivo: (edizioni Albatros, 2015)

"Cos'è la politica?

Me lo chiesi il giorno che acquisii il diritto di voto. 

Mi risposi che è quella cosa che sta a un gruppo sociale come la zavorra sta alla gru; come il gasometro alle vecchie tubature del gas di città.

La politica non è l'equilibrio in sé, ma è il contrappeso perché equilibrio ci sia. 

Se tutti gli uomini fossero dotati di un meccanismo autolimitante, la politica sarebbe del tutto inutile e l’anarchia, forse, il miglior metodo per la serena convivenza: 'saltello quanto voglio, basta che mi fermi un attimo prima di sgualcire l’alone del mio vicino'.

Purtroppo la realtà è ben diversa. La Natura, per sua natura, produce uomini tutti diversi e taluni con una spiccata propensione alla sopraffazione dei propri simili. 

Pensai allora agli onesti e agli irreprensibili, agli integri portatori di sani principi e agli incorruttibili, agli ostinati testardi che contano sull’impegno proprio e rifuggono dai mezzucci delle raccomandazioni. Pensai a loro e a quante persone perbene vengono superate, calpestate, spiaccicate, umiliate, mortificate, mangiate vive, rovinate dai furbi e dai troppo scaltri, dai senza scrupoli e dai disonesti, dai corrotti e dagli ammanicati. 

Pensai che avrei voluto vivere in una Società senza primi e senza ultimi, vocata alla gratificazione dei meriti e dell'impegno di ciascun suo membro.

Pensai, nell'era in cui il denaro dà potere e il potere arricchisce di denaro, che i ricchi, di potere o di denaro fa lo stesso, fossero ben in grado di tutelare i propri interessi e i propri privilegi e che, senza un argine che li contenesse, lo avrebbero fatto a discapito della comunità dei probi.

Conclusi che la politica dovesse essere quell'argine; che il suo ruolo fosse quello di zavorra indispensabile a controbilanciare il peso schiacciante e devastante degli abusi di potere. Diversamente, se non lo avesse fatto, nella migliore delle ipotesi sarebbe rimasta un'energia del tutto inutile e quindi un costo eliminabile.

Purtroppo, da venti anni* a questa parte e forse anche prima, la politica italiana si è spostata, con l'anima e con tutto il peso del suo corpo, sempre più dalla parte della supremazia a cui avrebbe dovuto porre contrasto. I loro carichi, invece di bilanciarsi, si sono sommati in un gravame insostenibile che ha provocato il crollo dell'intera struttura economica e sociale, arrivando fino a minare le fondamenta democratiche. (...)"


* N.d.a.: i venti anni nel frattempo sono diventati una trentina.

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