FEMMINISMO E PATRIARCATO: "SVEGLIATEVI BAMBINE!"


Questo non è un articolo, ma piuttosto un piccolo trattato. Consegna un'idea di femminismo e di patriarcato diversa rispetto alla narrazione imperante. 

Il 25 novembre (Giornata contro la violenza sulle donne) ho già espresso in un video cosa penso sulla complessa condizione femminile odierna. Oggi è l'8 marzo, e colgo l'occasione per pubblicare un bel po' di roba sull'argomento, anche perché immagino che la narrazione assolutizzante dei femminicidi prenderà a pretesto anche questa data per riprendere vigore: "Sì, va bene festeggiare le donne, ma gli uomini... piripì piripò".

La tematica è assai sfaccettata, al di là della narrazione acritica che propongono i media, impegnati in realtà su una doppia propaganda, ora in apparente difesa della donna, ora di promozione della violenza e della bruttezza.

Essi sono specchio e prodromo di modelli che si costruiscono su congiunture economiche e comunicative che condizionano la società e la sua percezione. Concetto difficile? Analizziamolo.


IL TERMINE "FEMMINICIDIO"

Siccome all'inizio fu il verbo, poi, a discendere, la materia, voglio iniziare, come è logico, dal termine "femminicidio", che è una ridenominazione, al pari dell'omicidio stradale. Stiamo parlando di reati già presenti nel codice penale, ma sui quali si è sentita l'esigenza di intervenire perché certe condotte fossero inquadrate giuridicamente in un'ottica diversa. Faccio notare che quando si procede ad una ridefinizione giuridica, vi è di solito un tracciato culturale già scritto: sensibilizzare a certi temi per raggiungere un obiettivo, la cui congruenza con le premesse non è scontata. Ad esempio, nel caso dell'omicidio stradale è chiara la strada (mi si consenta il gioco di parole) su cui l'Europa intende condurci; dimezzare gli incidenti mortali entro il 2030 e azzerarli al 2050. Pura bontà? Qualcosa non quadra: ci hanno utilizzato come cavie, ci nascondono ingredienti e contratti farmaceutici, danno il via agli ogm, prorogano glifosato e pfas, irrorano il cielo di sostanze non dichiarate... e vorrebbero farci intendere che tengono alla nostra incolumità? Sappiamo che gli ideologi del World Economic Forum mirano a ben altro: la proibizione dell'auto, passando anche per la criminalizzazione dell'automobilista, e non per motivi ecologici. Torniamo al "femminicidio", variante di "omicidio", in cui il prefisso "omi" deriva dal latino homo, hominis, indicante una generica appartenenza alla specie umana: dall'homo sapiens nessuno si sognerebbe di differenziare la femina sapiens. Se, mi chiedo, nel femminicidio la vittima è designata dal suo stesso genere, anche l'uccisione di una donna da parte di una rivale in amore dovrebbe essere inquadrata come tale, ma non è così: per femminicidio si vuole intendere l'omicidio di una donna in quanto tale (cioè, sostanzialmente, per dinamiche di coppia) da parte di un uomo. Per cui nel femminicidio non si sottolinea tanto l'appartenenza di genere della vittima quanto quella dell'aggressore, riconducendo la questione ad un problema culturale, vista la storica subalternità della figura femminile.


LA STORIA: SEMPRE LA STESSA?

Le rivendicazioni femministe del 1968 non fanno che riportare il calendario a duemilacinquecento anni prima: in Etruria un popolo proveniente dall'antica Lidia si distingue per la grande capacità architettonica, idraulica, orafa, estetica e in esso le donne si contraddistinguono per l'aspetto fisico curato, la capacità imprenditoriale, la condivisione con l'uomo degli spazi sociali. Quella sostanziale parità tra uomini e donne sarà uno degli elementi che i Romani cercheranno di denigrare e demolire, così come disconosceranno il loro debito culturale verso gli Etruschi, creandosi per questo un'origine e quindi un'identità storicamente distinta.

Significativo e misterioso come gli Etruschi, che provenivano dall'odierna Turchia, abbiano lasciato là una società fortemente discriminatoria per fondarne una diversa: reperti dell'Anatolia del VI secolo a.C. descrivono leggi contro le donne come quelle propugnate dal fondamentalismo islamico, con lapidazione e fustigazioni per le inezie più disparate; situazione che si instaura anche sulle sponde meridionali del Mediterraneo, dove, sotto il dominio di elementi egemoni esogeni (Elhoim) la società inizia a sperimentare la disparità di genere, ma soprattutto a vivere soggiogata tra sacrifici di vario genere e sanguinose guerre fratricide che ancor oggi perdurano.

Gli esempi di forza legati alle donne si perdono nel mito: a parte le figure fantastiche delle Valchirie e delle Erinni, restano alcune figure storicamente attendibili, come le amazzoni, le spartane e le nostre apuane, valorose guerriere dell'alta Toscana.

Per molti secoli resta alle donne il sapere della medicina, grazie alle conoscenze fitoterapiche. Acquisiscono così un vantaggio che va loro tolto. Presto la cura dei corpi deve affiancare quella delle anime: la Chiesa inizia la guerra alle streghe e saranno prima i monaci e poi i dottori ad esercitare cure e un potere più grande.

Si riconosce, da sempre, alla donna un ruolo potenzialmente sovversivo, legato alla capacità di generare, e perciò alla necessità, per l'uomo, di controllare la discendenza. Non a caso, negli atti di guerra, gli stupri mirano non solo all'umiliazione ma a distruggere l'identità stessa di un popolo. Inoltre, tradizionalmente, una madre sola è sempre stata ricondotta al controllo istituzionale, come nel caso delle "maddalenine" che, nell'Ottocento, venivano internate nei conventi e sottoposte ai lavori forzati, anziché essere aiutate a vivere una maternità libera.

Passati quei tempi come memorie di un passato lontano, la donna occidentale ha acquisito prima il diritto al voto (in Italia nel 1945), poi al divorzio (nel 1970), poi all'aborto (nel 1978). Il delitto d'onore sarà abolito solo nel 1981. Mi diverte ricordare (specie ai "progressisti" di oggi) che proprio i dirigenti comunisti italiani espressero perplessità in merito all'opportunità del voto alle donne, giacché queste avrebbero votato prevalentemente per i democristiani. E oggi? La parità è stata indubbiamente raggiunta su molti fronti. Permane ancora, spesso, una disparità salariale, ma quello che più mi colpisce è lo scivolamento verso un modello socio-economico che prevede, per le madri, la necessità di una maternità sempre più tardiva e una sempre più precoce istituzionalizzazione dei figli. Famiglie man mano più povere, oppresse dai mutui e dall'obbligo di un doppio stipendio per il mantenimento dell'esigua prole. Manca già, e mancherà ancor più in futuro, la possibilità per le famiglie di vivere una piena e consapevole genitorialità, con figli precocemente cooptati dallo Stato, indottrinati, formati e nutriti da estranei, privando di fatto le famiglie dell'autodeterminazione alimentare e culturale: tutto bene, tutti zitti. Poi, oggi, l'istruzione sempre più carente sostituisce le nozioni con la propaganda, con libri che obbediscono dichiaratamente ad agende estranee alla vera istruzione. Risultato: figli più ignoranti e più stupidi, con identità di genere confuse. Dove sono le madri? E dove i padri? Portano i figli disorientati a Careggi per il cambio di sesso o se li riprendono?


DUE DATI PER DUE CONTI

In Italia pare che si verifichino circa 100 casi di femminicidio all'anno. Ma, andando a leggere bene i dati, si scopre che il 35% dei casi si verifica per mano di stranieri (il dato l'ho appreso a novembre del 2023 da Ines Buonora in una puntata di Piazza Libertà su Byoblu). Dunque, all'anno vi sono non 100, ma 65 casi di femminicidio da imputare ad italiani. Questo discrimine è necessario per capire chi incolpare e di cosa. Ma vediamo meglio: le unioni miste in Italia sono circa il 20%. Gli uomini uniti a straniere ne rappresentano i due terzi, privilegiando, nell'ordine, rumene, ucraine, brasiliane, russe, mentre le scelte "straniere" delle donne (che dunque sono il 7% delle unioni generali) ricadono maggiormente, sempre nell'ordine, su marocchini e albanesi. La matematica, lo premetto, non è il mio forte (mi piace la geometria), ma la statistica spiccia è sempre utile e vale la pena sforzarsi. Se il 93% delle unioni in cui il maschio è italiano producono un 65% di femminicidi (intendendo parlare solo di vittime italiane è l'80% delle unioni ad essere interessata dal dato), il 7% di unioni in cui il maschio è straniero producono il 35% dei casi. Un'italiana deve sapere che l'unione con un connazionale comporta un rapporto di rischio dello 0,7; mentre per una italiana accompagnata ad uno straniero, quel rapporto sale a 5, ovvero 7 volte tanto!

Eppure sembra che il problema sia tutto da far ricadere sul maschio bianco autoctono. Da notare che, nel caso dei maschi italiani, le unioni con straniere fanno ipotizzare un rapporto piuttosto paritario, con donne autonome e spigliate; nel caso invece in cui siano le italiane ad accompagnarsi a stranieri, questi provengono soprattutto da parti del mondo in cui prevale la cultura di una subalternità femminile rispetto all'uomo. Semplificando di parecchio, si può dedurre che l'uomo non necessariamente manifesta la propensione verso un'idea della donna come elemento debole e manovrabile, come ci si aspetterebbe in una società maschilista quale quella che ci viene descritta; piuttosto, emerge nella donna una scarsa percezione delle possibili conseguenze di una unione potenzialmente difficoltosa. Ergo, credo si dovrebbe lavorare molto sul femminile, piuttosto che sul maschile.

Intanto, visto che questo è il paragrafo dei dati, ne inserisco un altro poco noto, da comparare con quelli già forniti: all'anno si suicidano circa 200 padri separati.


CHIEDERE COSA A CHI

Chi ha familiarità con l'osservazione sociologica, sa riconoscere abbastanza bene quelle forme di rivendicazione che paiono obbedire ad un copione, sotto il quale si ascrivono le agitazioni più disparate, dalle contestazioni delle rivoluzioni colorate alle proteste ambientaliste, ai proclami, recentissimi, delle cosiddette femministe. La veemenza va di pari passo con l'utilizzo di slogan che eludono, per la foga stessa con cui sono espressi, una dissertazione lucida e ragionata sull'argomento. Chi ha vissuto o studiato il '68 sa che le manifestazioni erano affiancate e precedute da dibattiti partecipati e profondi, ma soprattutto era evidente la pregnanza delle tematiche, la loro adesione alla realtà dei fatti.

Negli anni della contestazione gli uomini erano realmente ancorati a retaggi culturali che vedevano la donna relegata unicamente alla cucina e al cucito, o all'agricoltura e all'allevamento nei contesti agricoli più arretrati. Nel codice penale è rimasto in vigore fino al 1981 il delitto d'onore, vero scandalo culturale prima ancora che giuridico.

Dal dopoguerra un'Italia retriva è uscita pian piano dalle macerie e dall'ignoranza per riprendere con fatica e vitalità il tempo perduto, un cammino di inventiva e progresso a cui era destinata già all'inizio del secolo, interrotto da ben due Guerre Mondiali. Uomini e donne hanno progressivamente recuperato benessere e dignità, riequilibrando lentamente anche i ruoli sociali e il reciproco rispetto: hanno fatto di questo Paese una delle prime potenze mondiali e tutt'oggi gli italiani eccellono ovunque. Per quanto ancora?

Lo Stato si sta smantellando da solo, con riforme e ritocchi vari, fino alla dissoluzione dei servizi come scuola e sanità, alla scomparsa delle espressioni democratiche, alla fine dello stato di diritto. Eppure vedo solo slogan disancorati dal reale.

Dico alle redivive femministe: si dovrebbe manifestare, di regola, per chiedere qualcosa alle istituzioni. Dunque, bisogna prima avere chiare le responsabilità istituzionali per procedere alle richieste. Nelle proteste femministe, dovrebbe comparire la difesa dei diritti propri e dei figli, visto che sono loro gli uomini di domani, precursori di un mondo più giusto. A parte che non capisco bene cosa chiedano e a chi, ma, assumendo che pretendano protezione dallo Stato, che fanno?, cercano l'ala protettiva di chi le rende sempre più povere e delegittimate? Questo Stato dunque sarebbe buono e solo il maschio un essere schifoso? Soffrono di razzismo lesbista o cosa?


PROTESTE E SILENZI

Ecco dei casi per i quali ci sarebbe da alzare la voce: glieli suggeriamo noi al redivivo femminismo?

Con la riforma Dini, legge 335/1995, si sostituisce la pensione sociale con l'assegno sociale. Vuol dire che migliaia di donne che non hanno raggiunto i contributi per una pensione, raggiunta la vecchiaia, non riceveranno più il sostegno mensile minimo garantito: ad oggi, se il marito percepisce in un anno un cumulo pensionistico di circa 10.000 euro, la moglie percepirà poche centinaia di euro solo se si separa, se non convive più e se non sta all'estero per più di 3 mesi. Immaginiamo cosa ha significato questo nelle coppie con disaccordi coniugali: una donna, in difficoltà col marito, si vede privata di una seppur minima autonomia, e sarà sottoposta non solo allo svilimento personale ma anche al ricatto economico familiare. E tutto questo dopo aver passato una vita a lavorare in casa e accudire i figli (e oggi pure i nipoti), quando mi risulta che colf e baby-sitter siano lavori più che riconosciuti. Queste donne hanno sostenuto la famiglia sollevando lo Stato dai tanti oneri legati alla prima infanzia, ma hanno ricevuto un trattamento da nullità, visto anche che il tetto di 10.000 Euro è una cifra da poveri. La trasformazione dei diritti in concessioni parte anche da lì, altro che 2020! Ma qualcuno ha sollevato la questione, allora come oggi?

Secondo esempio:

Una sentenza della Cassazione nel 2019 dichiara obbligatoria la mensa scolastica, definendo "impropria ingerenza dei privati" il panino da casa (con cui siamo tutti cresciuti sani e forti facendo risparmiare i genitori), e attribuendo alla mensa un irrinunciabile ruolo nella "educazione alimentare": come dire che i genitori sono inidonei nella cura dei figli. Una sentenza del TAR del 2020 riabilita "il panino", sollevando quindi i genitori dall'obbligatorietà di una retta in più, a patto però che i figli consumino il pasto casalingo lontano dagli altri... tanto per far sentire i bambini uguali e integrati! Qualche madre, magari con qualche padre, era fuori dalle scuole a protestare? Bèh, sono io che non ho visto nessuno. Però, l'11 settembre 2023, ho riacquistato la vista quando ho letto che, da un controllo a tappeto sulle mense scolastiche in tutta Italia, un terzo ha evidenziato gravi irregolarità concernenti l'igiene, la tracciabilità, la qualità e la conservazione degli alimenti. PROSIT! Davvero avrebbero fatto di peggio le nostre mamme, che ci hanno dato sempre panini eccellenti e cibi sicuri?

Sappiamo che l'agenda 20-30 ha apportato ulteriori storture al sistema scolastico: l'istruzione distrutta a favore di apologie gender e propagande varie, con tanto di bollino ONU sulle pagine interessate: docenti (30.000 nuovi) ben indottrinati e psicologi scolastici che avranno il potere di scavalcare la patria potestà per rimettere al giudice i casi di renitenza all'obbedienza... Tornano i fantasmi di Bibbiano... ma impera il silenzio!

Terzo esempio, di parità (tra uomini e donne) nell'iniquità:

Un'amica si ritrova vecchia, debole e vedova: si scorda di pagare alcune bollette, distratta prima dal ricovero poi dalla morte del marito: è sempre stata culturalmente attiva e mantiene una buona capacità di ragionamento. L'alloggio popolare in cui abita testimonia un'indigenza che le rende indispensabile rivolgersi al sistema sanitario nazionale anche per usufruire di un deambulatore. Il suo percorso è quello di chi si affida alle istituzioni per un sostegno alle difficoltà. Pericolosissimo! Le viene affiancata una badante per qualche ora al giorno, ma soprattutto un amministratore di sostegno che gestisce tutti i suoi soldi, lasciandole solo 50 euro al mese di autonomia. Lei non decide più nulla, diventa una nullità, anzi, il mezzo per fruttare qualcosa a qualcuno.

Le istituzioni che indicono il 25 novembre come giornata contro la violenza sulle donne, perpetrano, su donne e uomini, una violenza che si nutre del silenzio dei deboli, l'alibi migliore per chi delinque, seppur legalmente. Ricordiamoci solo di come è morto Lando Buzzanca e cominciamo a riflettere bene sui nostri vecchi e su quale vecchiaia si prospetta a noi, un domani. Uomini e donne.

Questo è il rispetto che le istituzioni ci riservano, salvo poi sbraitare ai femminicidi, tramite giornali e tv. Avete rotto.


COSA VEDO

La maggior parte dei giovani uomini che conosco aiutano le donne e hanno con loro un rapporto paritetico; le cose sono già cambiate molto rispetto a due generazioni fa. Chi ha avuto un padre eccessivamente autoritario, il più delle volte decide di affrontare la propria paternità affrancandosi dall'esperienza vissuta, per non riproporre ai figli le frustrazioni subite. Un'evoluzione, dunque, che ha fatto superare a molti uomini una serie di errori e retaggi atavici. Per quanto riguarda la violenza di genere, osserviamo che, prima del femminicidio, vi sono forme di sopraffazione, e dunque di dipendenza (nella donna), economica e psicologica. Alla prevaricazione economica, al ricatto della dipendenza, ho già detto come si risponde; dotandosi di un lavoro e una remunerazione propria che renda ogni donna libera di scegliere. Nell'affacciarsi alla vita, le donne dovrebbero essere educate a pensare che, prima di un uomo, viene la propria formazione culturale e lavorativa. Lavoro e gestione della propria indipendenza economica mettono al riparo da molte cose. Bisogna possedere non "una stanza tutta per sé", come recitava Virginia Woolf, ma almeno un bilocale di proprietà e un'ambizione culturale da coltivare. Io sono solita spiegare, a chi si rivolge a me per un consiglio, che l'autonomia è la condizione sine qua non di un potere contrattuale forte con l'altro, che ci fa partire anche moralmente in una posizione di vantaggio, o almeno non ricattabile.

Fatta salva l'indipendenza economica, resta il pericolo di una sudditanza psicologica. Ogni individuo, nell'affrontare il mondo, deve attrezzarsi di un minimo di difese che lo mettano al riparo dalle situazioni potenzialmente pericolose o degradanti. Potremmo auspicare una rete di consultori dedicati? Semmai non per sole donne, ma per coppie, laddove si può. E con psicologi liberi, non forniti da qualche Ministero.


QUOTE ROSA

Un diritto garantito da un'appartenenza è un privilegio. Torna ad essere un diritto qualora l'appartenenza che lo legittima sia quella alla schiera degli intelligenti e degli onesti.

Tatcher e Albright (defunte), Truss, Rice, Nuland, Von Der Leyen, Lagarde, Fornero, Lamorgese, Azzolina, Ardern, Schlein, Lorenzin, Boschi... Esempi di quote rosa? Andate a fanculo.


GOMORRA E TRAP

Per quel che posso osservare, il sessismo sta divampando più tra i giovani che tra i "maturi". Quindi già capiamo che la parola "patriarcato" è palesemente inadatta a descrivere un fenomeno che, in aderenza al termine, dovrebbe caratterizzare generazioni più vecchie. Giovani e giovanissimi sembrano smarrire il senso del rispetto. Pornografia sui cellulari, sovente come mezzo di scambio o di guadagno, prostituzione con coetanei o con adulti; violenze, spesso di gruppo, caratterizzano il loro approccio disturbato alla sessualità, e le stesse ragazzine, ora vittime, ora "co-protagoniste" nelle dinamiche relazionali disfunzionali, dimostrano di avere spesso introiettato modelli comportamentali altrettanto distruttivi. Perché? Come è successo? I ragazzini accedono on-line in ogni momento a contenuti pornografici e violenti. Su Internet viene censurato chi svela la verità su bio e geo-ingegneria, ma non chi veicola contenuti brutali e immorali, perché i contenuti peggiori fanno guadagnare di più chi gestisce i siti. Miliardi di dollari. Motivo per cui la verità è tabù, ma l'insulto è incentivato. La cosa, poi, deborda nei testi delle canzoni e nei videogiochi. Il trap è infarcito delle cose peggiori: va ascoltato per capire. Anche serie tv come Gomorra e Suburra offrono modelli sociali e comportamentali dominati dalla violenza e dalla sopraffazione Vi è, poi, il confine non più netto come una volta, ma sfumato e confuso, tra lecito e illecito. Se una giovinetta, senza studio né particolari capacità, diventa famosa e miliardaria vendendo la propria immagine per vari marchi, si può dedurre che il lavoro e la fatica, vecchi paradigmi di una onesta riuscita, possono essere accantonati come un sacrificio inutile e inaccettabile. Insomma, si può fare meglio, di più e sforzandosi meno. Bisogna considerare, in tutto questo, che i mezzi di comunicazione hanno spesso la capacità di permeare le costellazioni mentali più profondamente dei modelli educativi familiari. Questo accade perché una personalità immatura vedrà come vincente solo quel modello sociale che consenta l'esibizione di standard economici e culturali considerati vincenti, non avendo ancora sviluppato le capacità e la sicurezza necessari a sentirsi vincente in sé, a saper argomentare e convincere. Questo meccanismo, tipico dell'adolescenza, che tende ad affidare all'immediatezza dell'immagine il senso della propria realizzazione, è incentivato da una società sostanzialmente mercificata e analfabetizzata. Si cominciò a cadere in questa trappola negli anni 'Ottanta, quando, l'ostentazione dei marchi d'abbigliamento, rendeva i "griffati" simili a inconsapevoli cartelloni pubblicitari, al pari dei "sandwich-men" nelle strade americane, in un corto-circuito mentale in cui la spesa di una somma elevata era sbandierata come un vanto, laddove invece risultava doppiamente stupida, dal momento che il marchio esibito avrebbe dovuto giustificare un ribasso notevole del prezzo. Ma la moda, si sa, è un simulacro che vive di effimero, della persuasione e della seduzione anche senza il presupposto necessario del buon gusto. Io che amo il "ben-vestire", mi stupisco ogni giorno di più nel constatare a quali ridicolezze si siano ridotte le proposte degli stilisti: qualsiasi giornale di moda è ormai un emblema del brutto.

Si è chiusa la parentesi degli anni 'Novanta, in cui un'apprezzabile ricerca estetica ha accompagnato modelli comportamentali ancora sani, per quel che concerne le dinamiche relazionali uomo-donna. Restava infatti centrale la ricerca di un'affinità e di un sentimento veri, nel rispetto, da parte dell'uomo, della volontà decisionale della donna. Un periodo positivo, di attrazione e rispetto reciproci, la cui disgregazione coincide con l'avvento di internet e dei social, della pornografia e dell'insoddisfazione sociale che, guarda caso, ha incrociato le coordinate temporali dell'ingresso nell'Euro. Impoverendoci, le relazioni hanno iniziato a regredire, a ripiegare su dinamiche meno spontanee e serene. Quando una società congela la possibilità di un'ascesa sociale, il ventaglio dei rapporti inter-personali si riduce e si immiserisce. Il lavoro, mortificato, perde la sua forza di realizzazione, e si impiantano, al suo posto, la frustrazione, l'aggressività, la solitudine o la socialità malata. Dunque, lo scivolamento, oggi, verso modelli e comportamenti deleteri è il frutto di un'economia malata, in concomitanza con altri fattori divisivi, come il crescente analfabetismo e la digitalizzazione relazionale, condita di pornografia e banalità. Pongo seriamente l'accento sull'analfabetismo, funzionale (e non), dacché una relazione sana non può non poggiare sulla capacità di esprimersi, raccontarsi, aprirsi e confrontarsi. Sulla pornografia e l'esibizionismo tanto in voga non posso che condividere quanto detto da una dottoressa (Anna Quaglia):

“(occorre recuperare, ndr) valori che riguardano il senso di intimità, di pudore, la bellezza e la delicatezza del proprio corpo. Il corpo deve essere una risorsa immensa e un tesoro immenso che il bambino deve imparare a proteggere. Quindi una sana educazione al rispetto del proprio corpo, del corpo altrui, dell'intimità, che vanno educati al pudore e alla protezione per le cose più belle e preziose.”


I MEDIA

Dunque, mentre Internet veicola modelli comportamentali disgregati e disgreganti, anche la televisione non rinuncia al suo deleterio esempio. Basta guardare una puntata della De Filippi in cui "Uomini e Donne" travestono di sentimenti l'esibizionismo più puro. Un tale travisamento non può non implicare un danno sociale, seppur impercettibile. Non voglio tralasciare le pubblicità. Esse sono sia specchio che condizionamento della realtà, come qualsiasi mezzo di comunicazione. Specialmente nei momenti di relax, i contenuti penetrano meglio nella coscienza, e la somma di piccoli suggerimenti e persuasioni agisce come la goccia che "cavat lapidem". Mi hanno colpito, negli ultimi due o tre anni, degli spot sempre più "umilianti" della persona e della donna in particolare. Le questioni intime, come le funzioni corporali, sono trattate con un linguaggio così esplicito e squadernato da risultare sfrontate e persino offensive. Gente seduta sui water con le brache calate, fluidi simulati con colori troppo verosimili, termini crudi minimamente filtrati: e poi coppie "alternative", grasso, bruttezza ed handicap esibiti con fierezza. So che posso risultare razzista: mi sta bene che nessuno si senta ghettizzato, lo rispetto, ma la bruttezza assurta a cànone sdogana modelli deleteri, sgangherati e pecorecci che insidiano molto da vicino la possibilità di costruire invece un linguaggio di rispetto, delicatezza, armonia: la bellezza, anche dei sentimenti, nasce dal pudore. Spegnamo i televisori, cerchiamo di vivere nella verità. Se incontriamo qualcuno che ci parla troppo di attori o personaggi televisivi allontaniamocene, a meno che non sia un Umberto Eco che analizza Mike Bongiorno e con lui gli Italiani.


IL CASO CECCHETTIN: "IL PATRIARCATO"

Muore una giovane in quel di Venezia. Omicidio efferato compiuto, si dice, dal fidanzatino: dove parrebbe abitare il disgraziatello, nessuno conosce quella famiglia. La storia che ci viene raccontata ha più contraddizioni di una bugia di Fantozzi; tutto è strampalato, dalle modalità di fuga del ragazzo, alle sue immagini (sempre poco nitide e da lontano) alla sua auto (ora troppo pulita, ora troppo diversa...). Il padre di lei che sembra già addestrato a una gestione della comunicazione pubblica, una sorella che per l'amor di Dio! (pardon, di Satana), una nonna che presenta i suoi libri tutta contenta all'indomani del fattaccio. Buon per lei. Tutto normale? No, niente è normale. Compreso il fatto che per il ragazzetto si sceglie volutamente un carcere non estraneo ai suicidi rispetto ad uno più sicuro. Poi ci diranno che è morto e già mi vedo tutte le pecore a bazzina pendula, davanti a La Repubblica o al Corriere della Sera, a dire "Nooo, ma hai sentito?".

Purtroppo, nella vita, mi sono dovuta interessare anche di omidici che solo dopo tanto e con fatica, ho capito essere rituali. Essendo del Chianti, il Mostro di Firenze ci ha condizionato le vite per un bel po'. E forse per quello, ho imparato che bisogna sempre stare in guardia – anche dai buoni, dagli insospettabili e dall'andare tardi in vigna... – e che esistono omicidi la cui spiegazione è rituale. Venezia, dominata dal Leone, potrebbe essere stata scelta dalle solite testine etsinois (←) come elemento propiziatorio per un nuovo canale (acqua) del Figlio del Leone (Ben Gurion), cui mirano, a costo di un genocidio e... di un omicidio (Ops! Femminicidio!). Ma quale mantra, in tutto questo guazzabuglio rivoltante e stomachevole? "IL PATRIARCA-TOH". Ovvero "toh, il patriarca pure qua?". Ma quando mai, se una ragazza viene uccisa dal suo moroso, verrebbe di parlare di Patriarcato? Davvero una parola così uscirebbe da un cervello indipendente? Lo escludo.

La vittima non è la Cecchettina, poveretta, bensì "IL PATRIARCA-TOH", già pronto sulle bocche di tutti. Le élites di cui sopra, che amano le simbologie più della vita stessa e di esse si nutrono vampirescamente, ce l'hanno tanto col patriarcato, temo, perché la parola (forma-pensiero) da colpire è il pater, all'origine anche di patria. Ovvero: non desiderate la sovranità nazionale e l'unione armoniosa e amorevole delle coppie.

Ri-fanculo, e spero tanto che la Cecchettina se la stia godendo su una spiaggia lontana.


CONCLUSIONI

Non c'è manifestazione, non c'è slogan, non c'è recriminazione che si possa fare sui cosiddetti femminicidi se non si capisce che la società non è divisa tra maschi e femmine, ma costituita da maschi e femmine insieme, e che uomini e donne concorrono in ogni momento alla sua progressione. Se non si attiva il senso critico quando si mandano i figli a scuola, quando si guarda una pubblicità, o quando si ascolta una canzone, è inutile parlare, e tantopiù protestare, per qualsivoglia faccenda. Quando si sa di una situazione di violenza più o meno esplicita, ascoltiamo, stiamo vicini alla persona e cerchiamo insieme delle soluzioni, anche con percorsi dedicati e già formulati, come le associazioni preposte, ma ricordandoci sempre che, nelle situazioni di difficoltà, l'aiuto delle istituzioni potrà trasformarsi facilmente in un mandato per il controllo assoluto di un anello debole, che facilmente perderà il diritto all'autodeterminazione per sé e per i propri figli (Si veda su Byoblu.com il caso emblematico di Liliana Zecchinato, se Bibbiano non bastasse). Dunque nessun aiuto anti-violenza è efficace come le regole auree della vita: indipendenza economica e di pensiero; scelta ponderata dei propri compagni e mariti; preservazione del proprio ruolo genitoriale. Rendersi conto che la vita, oggi, somiglia ad una guerra: armarsi, ma con una mano pronta a carezzare. Vale per le donne come per gli uomini. Che le donne sane sanno amare al pari di sé.

di Sara Lunghini 

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