L'APPARTENENZA INGANNA


La partenza è stata fiacca, ma anche a Lastra a Signa sembra che finalmente la campagna elettorale per le elezioni amministrative di questo freddo e cupo 2024, entri nel "vivo delle trattative". E visto quello che è successo durante la legislatura terminale (in tutti i sensi), la parola trattativa suona certamente più appropriata di competizione, non foss'altro per il fatto che il mordente dell'opposizione è stato talmente inconsistente da farla rubricarla come non perveuta e, al tempo stesso, far sembrare il tutto come un'unica grande e conviviale maggioranza.

Steso un velo di pietà su ciò che fortunatamente sta diventando passato, possiamo aprirci alle prime considerazioni sulla querelle elettorale.

La squadra più agguerrita, contrariamente a come suggerirebbe la logica che la vorrebbe a giocare di difesa, è la detentrice dello scettro (nervosismo?), mentre le sfidanti tardano a tirar fuori la verve. Che non ce l'abbiano? Eppure, se solo ci credessero, avrebbero la vittoria in pugno: un'occasione d'oro come quest'anno non si ripresenterà mai più! Certo, un po' di sforzo ce lo devono mettere, non s'è mai vita una corsa con l'arrivo in discesa... e per vincere la volata, c'è da rizzarsi sui pedali! Forse, che abbiano il timore di buscarsi una frescata? Beh, in questo caso allora sarebbe stato meglio se avessero mandato avanti qualcun'altro: chi ha paura non va alla guerra... e quando la posta in gioco è alta, la disputa diventa inevitabilmente guerra. Chiaramente, se mi chiedeste qual è la posta in gioco, non saprei rispondervi, lo ammetto. Però... però, se chiudo gli occhi e provo a lasciarmi andare all'immaginazione, vedo degli armadietti di metallo da schedario con dei polverosi e cenciosi figuri appoggiati di schiena alle ante. Non chiedetemi altro, l'immaginazione è astratta; io ho fatto lavorare la mia, ognuno faccia lavorare la propria.

Nel frattempo, un po' per stimolare i contendenti a uscire dalla tana, un po' per la curiosità che mi suscitano le dinamiche e le strategie della politica, sto usando le piattaforme social per porre qualche domanda a quei candidati che ancora non mi hanno bloccato. Le risposte, ma sarebbe meglio definirle reazioni, sono standardizzate su due modelli ripetitivi, accompagnati entrambi da un'evidente suscettibilità: nel primo modello mi viene imputato di non fare domante ma provocazioni (resta il fatto che non sanno dare una risposta); nel secondo rispondono con le solite frasettine fatte che poi non sanno accompagnare con un'argomentazione razionale a supporto della posizione presa. Einstein diceva che "Se non sai spiegarlo a un bambino di sei anni, vuol dire che non lo hai capito nemmeno tu"; non volendo contraddire quello che è considerato il più grande fisico della storia, ne deduco, sia in un caso che nell'altro, che i candidati, almeno quelli a cui sono riuscito a far arrivare un quesito, evidentemente sono così lontani dal capire le ragioni delle loro opinioni, che a spiegarle manco ci provano. Faccio un semplice esempio, ma l'elenco potrebbe essere interminabile:

«Bah!, o icché tu dici, il ponte ci vuole!»

«Perché? Non potrebbe esserci una soluzione meno impattante, più immediata, più economica e di più semplice realizzazione?»

«Che vuoi tornare al Medioevo?»

La cosa imbarazzante non è tanto la contrarietà o la propensione al famoso ponte-chimera che, se mai venisse realizzato, distruggerebbe irrimediabilmente un parco urbano, ma che nessuno dei favorevoli provi a spiegare le sue ragioni ripiegando, tutti, e questa è la cosa allarmante, sullo stesso parallelismo: "no-ponte" uguale "Medioevo"... un po' come "No-vax" uguale "terrapiattista". Evidentemente la modernità, dal punto di vista del partito che gli indottrina, è continuare a spostare un corpo che pesa 70 chili con un SUV da 2 tonnellate che brucia un litro di derivati petroliferi ogni 10 chilometri. Ma ripeto, di per sé non è inquietante la propensione al ponte, bensì che fra i candidati favorevoli non ce ne sia uno, almeno io non l'ho torvato, che sappia spiegare in maniera non dico convincente, ma almeno con un fondo di razionalità, le ragioni della sua opinione (e non necessariamente a un bambino di sei anni).

Ne traggo la conclusione che l'appartenenza inganna svelando la mancanza di libertà dell'appartenuto, il quale, per il semplice fatto appunto di appartenere, si lascia impregnare di postulati che assorbe senza avvertire minimamente il bisogno di metterli in discussione; di formularci sopra una propria riflessione finendo per abbassarsi al ruolo di semplice disco rotto, ripetitore all'infinito di una canzoncina insegnata a memoria. Finché parliamo dei candidati nominati in chiaro dalle segreterie dei partiti nelle proprie liste non c'è da rimanerne stupiti, dal momento che l'appartenenza inganna gli stessi partiti, svelando la sottomisisone delle loro linee politiche a poteri collocati a un livello ancora superiore (e spesso sovrannazionale).

La cosa interessare, da adesso e per il prossimo paio di settimane, sarà osservare i candidati nelle liste bianche, ovvero senza l'avallo, almeno in chiaro, di qualche simbolino tristemente noto. Se non sono liberi, l'appartenenza ingannerà anche loro, svelando l'eventuale legame con qualche centro di potere.

Ai posteri l'ardua sentenza!

 

di Roberto Giorgetti

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