27 GENNAIO: GIORNATA DEGLI SMEMORATI?

 


 Il 27 gennaio del 1945 i Russi aprirono i cancelli di Auschwitz, a differenza del campo di concentramento di benignana memoria (ecco, ricordiamoci anche di questo...), che invece si è deciso di farlo liberare dagli Ammerigani; ma lì, dai, c'erano in ballo gli Oscar...

 Quest'anno la gente pare essersi svegliata e sembra finalmente capire che ci si può limpidamente dichiarare contro l'antisemitismo, rivendicando un sano ripudio del sionismo.

 Allora questo è l'anno giusto per ricordare due fatterelli importanti. Poi voglio che sia chi mi legge a unire i puntini. Giuro, stavolta non è difficile; insomma, non chiedo di correlare "infusioni" e "5G", geoingegneria e meteorologia, oppure la delinquenza dilagante e la nostra schiavitù. No, stavolta è semplice.

 Nel 1871 Albert Pike scrive una lettera a Giuseppe Mazzini in cui spiega dettagliatamente che nel XX secolo dovranno succedersi tre guerre mondiali: la prima per la marginalizzazione e l'indebolimento della Russia, la seconda – apriamo le orecchie! – per costituire lo Stato di Israele in Palestina, la terza... bèh, di quella ne riparleremo. A noi quello che ora interessa è capire che lo Stato di Israele è un progetto per la cui legittimazione si è scatenato un CONFLITTO MONDIALE! Bene, il primo punto fermo l'abbiamo messo.

 Il secondo è l'enormità di ciò che sta accadendo in Palestina, prima con gli ordigni, prossimamente con la "diaspora" del popolo in Egitto e Giordania: l'annientamento dei palestinesi mi pare evidente. Eppure, tra le voci che invocano la sacralità del 27 gennaio c'è chi non vuol ammettere il genocidio, appellandosi a sottigliezze come "crimini contro l'umanità" e "crimini di guerra"; dissertazioni che ho definito le "50 sfumature di Segre". E allora qui bisogna ricordare alla signora come stanno le cose, da tanto, tanto tempo.

 Su La Stampa, il 16 novembre 1998, esce questo titolo: "Israele prepara la bomba batteriologica. Il Sunday Times: è in grado di uccidere solo gli arabi". Leggiamo: "La bomba "etnica", allestita in un laboratorio di Tel Aviv può essere diffusa nell'aria come nell'acqua. Conterrebbe sostanze in grado di identificare l'impronta genetica di alcune popolazioni arabe, in particolare quelle dell'Iraq". Secondo quanto riferisce un ricercatore coinvolto nello studio, a Ness Ziona, ebrei ed arabi sono molto simili, provenendo da un ceppo semitico... Come dire che l'arma messa a punto non ha dato le sufficienti garanzie di riuscita (nello sterminare gli arabi) perché troppo simili ai pianificatori ebrei del genocidio. Dunque, questa è la vera natura che innerva le intenzioni politiche di Israele: questo è il sionismo.

 Quindi, ecco, direi che tra le fila di chi parla di "giornata della memoria" vi è una smemoratezza che fa impressione, vi è la paura di guardare le cose per quel che sono, vi è la vigliaccheria di non riconoscere mai come pari chiunque abbia sofferto atrocità simili, discriminazioni paragonabili, e senza i mezzi economici e mediatici per sottolineare la propria sventura.

 Io ricordo, e ricordo molto bene, che la signora in questione, a chi ha parlato di "dittatura sanitaria" nel periodo pseudo-pandemico, ha risposto di straparlare, di fare insensati richiami alle leggi razziali (Covid, Segre: "Follia paragonare i vaccini alla Shoah" - la Repubblica).

 "Memoria", vorrei dire ai tanti Pico della Miarndola pro domo sua, non è un'esclusiva da imporre, non è un racconto ogni volta da pubblicare senza una revisione, senza postille, senza ricerche e approfondimenti; non è una garanzia di impunità.

 Anziché coltivare sterili "memorie" coltiviamo allora il RICORDO ampio degli eventi.

 Documentiamoci, approfondiamo, parliamo, scriviamo, lasciamo una traccia di ciò che è stato anche in questi anni di pandemonio; compriamo più libri possibile di chi ha documentato la dittatura sanitaria e tutte le follie di questi ultimi anni. Più ne lasceremo in giro più resteranno parole sensate ai posteri: se non sapranno servirsene, peggio per loro, almeno avremo onorato la verità.

 (E regaliamone qualcuno alla Segre).

Sara Lunghini

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