Occhio!... ti sorveglio!
Mi dicono, ma io stento a
crederci, che il costo giornaliero per la sola manutenzione di ogni singola
telecamera dislocata sul territorio e destinata al controllo degli spostamenti
dei cittadini, corrisponde grosso modo a quello di un caffè al bar; mi dicono
anche che molto spesso l’incarico viene affidato ad aziende esterne… ma “questo
è un altro discorso e lo faremo un’alta volta” (cit.) in una discussione sui tre
verbi più amati dalla politica italiana: obbligare, vietare e appaltare-appaltare-appaltare.
Detta così, “l’equivalente di un
caffè al giorno”, sembra una cifra irrisoria; diverso è il discorso se la
moltiplichiamo per il numero delle telecamere (mettiamo una sessantina in un comune
di medio-piccole dimensioni) e per i giorni: il risultato fa 27.000 euro l’anno;
135.000 in un quinquennio!!!
Per meglio rendermi conto dell’enormità
della spesa, ho pensato a quanto potrebbe fruttare la stessa quantità di denaro
se, invece di spenderla in manutenzione delle telecamerine, venisse investita
in attività culturali: la resa sarebbe talmente gigantesca da avere perfino
difficoltà a immaginarla! (tanto per fornire un ordine di grandezza: per tutta
la durata dell’inverno scorso, il gruppo culturale Liber-aliter, ha curato un
laboratorio letterario a costo zero; la proiezione di un documentario in odor
di censura che ha richiamato una novantina di spettatori, è costata una
sessantina d’euro). Qualcuno potrebbe obiettarmi che la grande-fratellizzazione
della zona serve a combattere la criminalità; nulla di più falso: la
criminalità strisciante dilaga di pari passo all’aumentare della tele-sorveglianza
del territorio, e ciò sta inconfutabilmente e pietosamente avvenendo sotto gli
occhi di tutti.
Allora perché sversare fiumi di denaro pubblico in qualcosa che palesemente non serve allo scopo dichiarato, lasciando a secco le fonti della vera ricchezza? Come avviene quasi sempre per le questioni che vogliono farci apparire complicate, la risposta (per me) è semplicissima: con le telecamerine il potere controlla il Popolo (mai sentito parlare di credito sociale alla cinese?); con la Cultura è il Popolo che controlla il potere.
Di Roberto Giorgetti, coautore
del carteggio “Punto di (non) ritorno” (presto in libreria)
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